piangete

 

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recentemente ho ripreso a leggere. leggere per davvero, come facevo quando ero adolescente o giù di lì. questo ha coinciso con una grande crisi. la strada segna questa specie di rinascita. è un romanzo che dovrebbero leggere tutti coloro che hanno a cuore certe cose che rimangono lì, nella nostra mente, sedimentate, e che lo scorrere del nostro sangue, la morte e la rinascita delle nostre cellule, la disintegrazione dei nostri neuroni , lo scandire della nostra vita, tendono a seppellire. ma il fuoco cova sempre sotto le ceneri del tran tran. dovete leggere questo romanzo, e dovete piangere su quel mondo grigio e senza speranza attraversato dal padre e dal bambino che porta con sè il fuoco. per rinascere, pensare ed essere consapevoli. del male, del bene, della vita. piangete, dunque, senza vergogna. perché siamo una dannata razza vivente di grandi abissi e di grandi cime.

london calling (in memory of ballard)

 

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amo la visionarietà di J.G. Ballard. dentro le sue righe fantastiche c’è sempre qualcosa del reale che ci sfugge, ma  è lì. è nel nostro mondo che diventa sempre più la ruota del millennio, un london eye schizzato di sangue, angosce, contrasto e slancio. nei nostri occhi ipermetropi, in questo caso, è la disperazione della classe media brit-world, che sotto il dolce cielo suburbano affonda, moralmente e economicamente, soffocata dalle guantate mani dell’avidità. avidità di oggetti e di finte esperienze tipiche dell’età cosiddetta moderna. speranza di un nuovo 68 rovesciato, composto da famigliole ex-agiate, e cupezza di un nuovo terrorismo, edonismo distorto. l’apocalisse è solo rimandata, darling. oppure è qui, ma non è come la pensi tu.

 

parole, pietre, luci

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nel 2004, khaled fouad allam sentì l’urgenza di scrivere al giovane qualsiasi dell’altro mondo. quello che noi vedevamo in film sgranati ripresi in dimensioni diverse, con la bandana in testa, el kalash imbracciato e le granate legate al corpo, già innescate. innescate da chi? khaled lo implora, i libri antichi aperti sulle pagine di vita e memorie della storia che noi non conosciamo. lo implora di pensare. il pensiero deve sciogliere quei grumi incancreniti, quel ghiaccio doloroso che noi abbiamo contribuito a solidificare in un male cristallizzato. il nostro mondo dell’ovest gira su se stesso ed espelle l’est, il sud, e forse il nord, dimenticando che ciò che espelle è quasi tutto. la preghiera di khaled è apparentemente inascoltata, credo. e l’oblio delle notizie che si divorano continuamente non ci fa accorgere che il giovane col kalash in mano è ancora lì. ma le parole scritte sono pietre, e scavano nella nostra e nella sua incoscienza. quel grumo si scioglierà, e un altro cristallizzerà. le pietre dei libri però rimangono, e illuminano la notte di una luce tenue, che possiamo inseguire.

Polvere vitale

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Bowie-Life on Mars
 
Ho sempre guardato con un certo distacco alle scienze della vita, soprattutto a causa della mia ignoranza in materia. Di biologia molecolare, genetica, evoluzione etc. ho pochi ricordi confusi che risalgono al liceo, scarse nozioni impartite da  docenti poco motivati e molto poco bravi. Ma ovviamente sbaglio. Sotto il sole di Minosse, ho letto un libro straordinario sull’origine e l’evoluzione della vita sulla Terra, dalle prime reazioni chimiche di molecole organiche che hanno incominciato a riprodursi e organizzarsi fino alla mente umana. L’autore (Christian De Duve) è un professore belga, premio Nobel della Medicina. Non ne sapevo niente, o quasi, dell’immensa quantità di argomenti che tratta, e qualche volta la mia scarsa attitudine a ricordarmi termini e nomi mi ha messo in difficoltà. Ma ne ho tratto molte, moltissime lezioni. La chimica è alla base di tutti i processi e le funzioni negli esseri viventi, e questo lo sapevo già. Non sapevo invece che la selezione naturale avviene già per le reazioni chimiche della “protovita”. Le molecole si assemblano, reagiscono, cambiano, e solo le reazioni più funzionali si perpetuano. Fino a quando, casualmente, avviene in modo spontaneo una reazione più efficiente, che rimpiazza le precedenti. Le mutazioni spontanee che avvengono nelle specie viventi, compresa la nostra, funzionano nello stesso modo. E’ come un gigantesco Lego, che si costruisce e piano piano si complica sempre di più. L’ambiente esterno, la Terra con le sue catastrofi e le sue crisi indirizza il gioco. E “la vita si adatta ai margini del caos”, come riporta il libro (la frase è di un altro scienziato, Kauffman). La  teoria di Darwin della selezione naturale, alla base dell’evoluzione delle specie,  è una delle più grandi conquiste del pensiero umano, a mio parere. E sembra incredibile, impossibile che ci sia ancora chi non l’accetta.  Anche se per un verso posso capirlo, perché inquieta anche me. Tutto questo ha un senso? Noi siamo una fogliolina sull’albero della vita, con la peculiarità di possedere una coscienza di noi, e soprattutto della nostra morte. Ma siamo arrivati grazie ad una miriade di piccoli passi successivi casuali. L’universo sembra freddo ed inospitale, completamente alieno da ciò che è la Terra, la nostra culla, a volte neanche troppo confortevole. Ci sono altri pianeti come i nostri, sicuramente, ed altre forme di vita, anche intelligenti, ma al momento le probabilità di individuarli, e di mettersi in contatto con loro sono estremamente poche. Se esiste un orologiaio che ha assemblato tutto ciò, sembra averlo fatto alla cieca. Già, un orologiaio cieco (la definizione è di uno scienziato che si chiama Richard Dawkins). E così, nella nostra fredda solitudine, continuiamo il viaggio. Ma è un viaggio meraviglioso, e anche se “è tutta chimica”, le emozioni, le speranze, le idee che riempiono la nostra mente fanno brillare l’orologio, che scandisce lo stupore, la bellezza, l’amore.

Resonance 5

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Supponiamo che un bambino vada in altalena. L’altalena oscilla, su e giù, mentre il genitore la spinge. Per fare aumentare l’altezza massima a cui arriva il bambino, non è necessario spingere con molta forza. Basta dare delle spintarelle piccole, sempre alla stessa frequenza, che è quella con cui l’altalena sale e scende. Ogni struttura meccanica ha una propria frequenza di risonanza. Cioè oscilla ad una determinata frequenza caratteristica. Se la si sollecita dall’esterno con la stessa frequenza, facendola vibrare, le vibrazioni saranno sempre più intense, e la struttura rischia di rompersi.
I ponti possono crollare (è successo) se le onde del mare, o dei fiumi che si frangono su di loro hanno la frequenza giusta. La risonanza è un fenomeno che avviene in altri casi, ad esempio i circuiti e le reti elettriche. Recentemente ho letto di una teoria, secondo la quale le reti neurali (cioè le reti formate dalle cellule nervose nel cervello) possono andare in risonanza, ovvero rispondere a sollecitazioni “giuste”, dando sentimenti di piacere intenso, o di benessere. Il libro che ho letto dava questa teoria  solo come una ipotesi, ma ognuno conosce questo tipo di sensazione. Leggere alcuni post nell’ultimo anno mi ha dato delle risonanze, mettiamola così. Ovviamente esistono risonanze più intense, non lo nego. Ho comunque deciso di scegliere e di segnalare 5 post (come fa il protagonista del romanzo “Alta fedeltà”, di Nick Hornby) che mi hanno fatto risuonare le reti  neurali. L’elenco è in ordine alfabetico.

1) Aka racconta una storia (vera) di separazione in una guerra vicina nel tempo e nello spazio, rimossa e dimenticata. Qui

2) Cleo traffica in saponette nell’isola della rivoluzione. Qui.

3) Egidio (bambino?) lancia sassi e guarda gatti. Qui.

4) Un lungo addio raccontato da Ju. Mi ha toccato moltissimo, per esperienze simili. Qui.

5) Nina, Miss Dior ed il pesce dei poveri. Struggente e lucido. Qui.

Sotto il sole di Minosse, vi ho pensato. E vi ringrazio.

 
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Paul Weller- Wishing on a star

Greg goes meltemi

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Soffia il meltemi e il turchese, lo zaffiro e lo smeraldo si infrangono in infiniti brillanti, mentre il sole di Minosse picchia senza tregua sui tatuaggi dei turisti nordici e sulle rovine di tremila anni. Minosse e Dedalo si rincorrono nella mia mente, sullo scoglio dell’isola di Chrissi. Dedalo é l’ingegno, il padre di tutti noi che usiamo il multiforme ed ambiguo intelletto umano per studiare, investigare, scoprire, progettare. Il labirinto funzionava, cazzo. Funzionava.  Teseo ha trovato la via d’uscita. Le ali funzionavano, bastava non avvicinarsi al sole. Ma come sempre accade, c’è qualcuno che non guarda il manuale di istruzioni, o che  semplicemente se ne fotte. Dedalo, tu sai che noi fisici moderni abbiamo un peccato originale. La  Meccanica Quantistica e la teoria della Relatività, i nostri gioielli più splendenti, hanno prodotto questo:

235U + n → 236U instabile → 144Ba + 89Kr + 2/3 n + 211,5 MeV (fissione nucleare, bomba A)

2H + 3H → 4He + n + 17,6 MeV (fusione nucleare, bomba H)

Dal 1940 al 1945 quasi tutti i più importanti scienziati che vivevano in America, parteciparono al progetto Manhattan, il quale realizzò con successo i primi ordigni nucleari. Fermi, Oppenheimer, Feynman, Teller, e così via, tutti contribuirono. Perfino Einstein, che scrisse una lettera al presidente Roosevelt per perorare la causa della bomba. I miei maestri. Se avessi vissuto in quel tempo negli USA, e fossi stato bravo, che avrei fatto? Dedalo, gli uomini sono così, tu lo sai. Per ogni buono c’è un cattivo, nella stessa natura, nello stesso DNA. Non siamo lupi, e nemmeno agnelli. Siamo aggressivi, ma ce ne rendiamo conto, perché coscienti. Cadiamo nel mare perché la cera delle ali si scioglie, dopo esserci avvicinati al Sole. Ma sopravviviamo, o meglio, la specie sopravvive. E quello che produciamo è splendido, però può essere terribile. Il mio “può” è ottimista. Vuole esserlo. Anche se il senso di tutto ciò non lo trovo, e forse non lo troverò mai.

 
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Bob Dylan- The times they are a’ changing

 

Nonsense universe

Forse è vero che l’Universo è senza senso. Forse è vero che noi siamo solo una fogliolina dell’albero dell’evoluzione, che cresce a caso, irripetibile nel cosmo. Forse. Ciò che è certo, è che spesso il vuoto può ingoiarci. Ma basta un attimo, un solo fottuto attimo perchè la luce arrivi, calda e densa. E l’inverno del nostro scontento si stemperi in un sopracciglio alzato. “What’s the fuss about it? Just live.”
Un cameriere invece di servirci giocava con un bambino, sotto il platano più antico nell’isola più antica. Just live.

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Jonathan Richman- Roadrunner  

 
 
 

Minoan sun

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No, non c’è più molto rock’n’roll nella mia vita, e le mie sopracciglia si sono infoltite.  Capito, o meglio, visto. And I REALLY don’t know what I’ll do.  Ma, ehi, neuriti e dendriti continuano a cercarsi, le sinapsi non sono consumate e il braccialetto è ancora al polso. E ancora voglio godere, dei bianchi sassi riarsi, del meltemi che infrange il turchese, del Daiquiri sorseggiato guardando il faro.
(Minoan) sun on you
 
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Neil Young-Lotta love