weekend

 

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No, non voglio lasciare queste pagine con il testo di una canzone malinconica. Just a big smile, look at the sky, think about space shuttles, stars. Strade da percorrere, oggetti ed idee da scoprire, fuori e dentro. And a little bit of rock’n’roll. Città che ci aspettano, passanti che ci sfiorano, traiettorie che si toccano. Film su schermi enormi, goals impossibili che si realizzano, piatti deliziosi da gustare.  Con gli sguardi, con la bocca, con le mani. And love.

Pubblicato in Greg

Boeing 707

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In the early morning rain
With a dollar in my hand
With an achin in my heart
And my pockets full of sand
I’m a long way from home
And I miss my loved ones so
In the early morning rain
With no place to go
Out on runway number nine
Big seven-o-seven set to go
But I’m stuck here in the grass
Where the cold wind blows
Now the liquor tasted good
And the women all were fast
Well there she goes my friend
Well she’s rollin down at last

Hear the mighty engines roar
See the silver bird on high
She’s away and westward bound
Far above the clouds shell fly
Where the mornin rain don’t fall
And the sun always shines
She’ll be flyin o’er my home
In about three hours time

This old airports got me down
It’s no earthly good to me
cause I’m stuck here on the ground
As cold and drunk as I can be
You can’t jump a jet plane
Like you can a freight train
So I’d best be on my way
In the early morning rain

 
 
…missing flights
 

Knights

 

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Dai miei schermi, in tutti questi anni che ho seguito le corse di F1, sono due le immagini mi hanno colpito di più. In un GP a Spa (quello dove Coulthard e Schumacher si tamponarono, con scazzottata susseguente ai box) la board camera inquadrò il campo visivo di un pilota sotto la pioggia. Era un’impresa impossibile guidare, l’acqua era spessa e scura, una luce rossa si intravvedeva appena, davanti, così lontana e terribilmente vicina, la vettura in testa. “Sono degli eroi”, gridò occhioni scuri. L’altra scena è lo svestimento ed il peso dei tre che vanno sul podio, alla fine del vortice immaginifico, ipertecnologico, globale. Si levano i caschi multicolori, si sfilano gli auricolari  e i passamontagna, rovesciando i capelli miliardari fradici di sudore, gli occhi spalancati dall’adrenalina. E ieri, al di là di tutto, crederci, fino in fondo, fino allo spasmo. Non c’è niente, nessun miliardo o mercato o trucco, o circo multimediale, i cavalieri sono lì. Nessuna folla li può raggiungere, il frastuono assordante è dietro, lontano. I gioielli che cavalcano, splendidi e gelidi, pezzi del nostro mondo asssemblati con dura precisione, cambiano e non contano poi tanto. Cavalieri ancora bambini.

Domani

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Domani sotituiremo le lampadine a incandescenza con i LED, per risparmiare energia. E avremo tante belle luci colorate (il blu, soprattutto, che piace tanto a me). Domani potremo costruire dei computer con logiche diverse: non più solo 0 o 1, oppure sì o no, ci saranno altre opzioni, utilizzando i principi della fisca quantistica, e le sue stranezze. E saranno sempre più piccoli, e potenti.  Domani useremo (compagnie petrolifere permettendo) auto ad idrogeno, ad emissione zero. Domani andremo su Marte, e lo colonizzeremo, costruendo tante piccole casette trasparenti a forma di bolle. Domani forse chiederò di fare l’astronauta, oppure di andare per un po’ a lavorare Barcellona, o a Berkeley. Domani pioverà. Domani tornerò a Liverpool, e respirerò il vento del mare d’Irlanda. E sorriderò un po’ di più, e farò sorridere voi un po’ di più. Domani scriverò qualche poesiola, o qualche storiella, e forse le farò leggere ad occhioni blu. Domani starò meglio, anzi a scrivere queste cose mi sento già meglio. Jane Birkin, o Brigitte Bardot, o Jane Fonda mi sorrideranno. E prenderò un Campari con Dick Feynman, che mi racconterà una barzelletta. E’ un buon inizio di giornata, con le corde che diventano fili di seta iridescenti. E adesso scappo, che devo tenere una lezione. Sono fatto così, e non posso farci niente. Perché forse il domani è già ora. Sun on you.

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Wormhole Antonioni

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“Da cosa stai fuggendo?”
“Guardati dietro.”
E’ una lunga strada alberata, Lei si volta e allarga le braccia, sporgendosi dalla decappottabile, sorridendo, mentre i capelli ribelli le volano tutt’intorno. E’ una scena di Professione reporter, che ho visto qualche giorno fa. E’ un altro universo, quello che ho visto. Un altro spazio tempo. C’era, sì, c’era. E un wormhole mi ha trascinato, ingoiato, risucchiato. Wormhole: “è una ipotetica caratteristica topologica dello spaziotempo che è essenzialmente una “scorciatoia” da un punto dell’universo a un altro (o tra universi paralleli), che permetterebbe di viaggiare tra di essi più velocemente di quanto impiegherebbe la luce a percorrere la distanza attraverso lo spazio normale.” Ipotetica, non provata. Ma io immagino che esista, stanotte, mentre penso alla vita che è venuta, alla vita che è. Al mondo, gigantesco vortice di immagini facce, situazioni affastellate una sull’altra. Non è nostalgia del passato, no, è solo una sensazione di vertigine, di perdimento. Quello che ero, che respiravo, semplicemente non c’è più. Tutt’intorno a me, altre storie ora.  Tutto un altro vivere, fuori e dentro. Televisioni che mostrano situazioni diverse, parole diverse per strada. Il pane e le rose? Cosa sono, dove sono? Altro. Pensieri di un universo diverso, la mia zattera naviga nel mare dal quale sono emerso all’improvviso senza accorgermene. Alla radio dicono che per i giovani il rock’n’roll è roba che non va, predicatori con la barba minacciano la fine del mondo in intenet (internet????).  Luoghi stravolti,  fatti stravolti. E’ un altro universo, con cose buone ma aliene. A me. Stanotte. Il wormhole mi ha trascinato senza accorgermene, in un universo parallelo. Così simile, continuo, ma la vaniglia non c’è più. Groppo in gola, dico le cose col loro nome. Poi metto su un sorriso vago, e continuo a navigare. Aspettando il messaggio  in  bottiglia dall’universo sparito.

Another Albert

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REM-The great Beyond
 
Ieri hanno dato l’annuncio del premio Nobel per la fisica, assegnato ad Albert Fert e a Peter Gruenberg. Beh, per me è come se la mia squadra avesse vinto la Champions League, perché lavoro nello stesso campo, più o meno. La scoperta della “Magnetoresistenza gigante” (per la quale i due esimi hanno alzato la Coppa) ha avuto un impatto tecnologico notevole, nella capacità di memorizzare dati sugli hard disk dei computer. Uno degli scopi delle mie ricerche è di trovare materiali nuovi, assemblati un po’ come si preparano nuovi piatti di cucina, per aumentare sempre di più la capacità dei dischi. Ho visto Fert ad un congresso a Stoccolma, lo scorso luglio, parlare dei suoi nuovi esperimenti. Quel congresso, di cui ho scritto qui, mi ha dato una carica grandissima.
Non c’è niente nella mia manica, come cantano i REM, e quello che faccio forse ha un senso. Mi sono posto molte domande, l’estate scorsa, sotto il sole di Minosse. Su di me, sul senso della vita (ma va? non era un film dei Monty Python?) e non è che abbia trovato molte risposte. Ma  devo continuare a chiamare cose e persone col loro nome, senza nodi alla gola.    Non c’è niente che noi non possiamo fare, niente. E anche se i grovigli che abbiamo dentro rimangono, non è poi così essenziale dipanarli. Adesso prendo i miei libri, il mio computer e vado a spiegare a tre ragazzi cos’è un semiconduttore. Tenendo a mente che l’importante è trasmettere, non dire. Sono sicuro che sarà una bella lezione. E prima o poi vedrò le luci blu.

 I’m breaking through
 I’m bending spoons
 I’m keeping flowers in full bloom
 I’m looking for answers from the great beyond

 

Lonely Albert

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Albert Einstein pubblicò la teoria della Relatività Ristretta nel 1905, a 26 anni. A 36, nel 1915, pubblicò la teoria della Relatività Generale. Ricevette però il premio Nobel nel  1921 per un altro suo contributo alla scienza, e cioé per l’interpretazione dell’effetto fotoelettrico. Le cellule fotoelettriche sono presenti in molti dispositivi di uso corrente. La luce colpisce un certo materiale, e si genera una corrente elettrica. La spiegazione di questo effetto risiede nella fisica quantistica. La luce è composta da corpuscoli detti fotoni, che hanno una determinata energia, legata alla frequenza (cioè al colore) della luce stessa. La fisica quantistica dà una visione del mondo completamente diversa da quella deterministica, diciamo così, della fisica classica, ed è basata sull’indeterminazione, e sulla probabilità. Non si può mai prevedere in modo assolutamente esatto come evolverà un certo fenomeno. Se ne può solo calcolare la probabilità. Einstein contribuì a questa nuova visione del mondo, con il suo lavoro sull’effetto fotoelettrico, ma ne rifiutò le conseguenze filosofiche. Sua è la celebre frase “Dio non gioca a dadi”, e spese gli ultimi vent’anni della sua vita per trovare una teoria più completa di carattere deterministico. Una teoria del tutto, bella come potevano essere quelle relativistiche. Ma Einstein fallì in questo suo sforzo epico. La fisica quantistica funziona, eccome.  La scienza, la tecnologia e l’industria l’hanno accettata per quello che è, e la applicano felicemente. I nostri dispositivi elettronici (PC, televisioni, gameboy etc.) ne sono la testimonianza più concreta. Certe volte ci si convince che il mondo, che le persone non possano andare in una certa direzione. Ma loro ci vanno, e non c’è niente da fare, tutto funziona lo stesso. Si rimane seduti, a contemplare quella che dovrebbe essere una catastrofe, e non lo è. Non ci resta che sorridere, e magari suonare il violino, come faceva Albert, anche se una coda del grande dolore che abbiamo provato rimane sempre. Ma l’abbraccio, l’amore per noi stessi e per chi prende strade diverse non deve mai mancare. O forse basta il semplice fair play. 
 
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REM- Imitation of life
 
This lightning storm
This tidal wave
This avalanche, I’m not afraid
Come on, come on, no-one can see me cry
 

A blogger song

C’è una canzone legata indissolubilmente al mio blog. Oggi l’ho sentita alla radio, in Condor. Beh, eccola qui. Sun on you.

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Paul Weller-Thinking of you
 

P.S.: e nel mio autocommento (risposta a .) c’è scritto perché…