spirals

spirali di foglie colorate, verdi, rosse, gialle, avvolgono noi spazzini della memoria, in una limpida e fredda giornata autunnale. le canzoni ci girano intorno, mentre cerchiamo di mettere ordine nei nostri pensieri e nelle sensazioni, loro subdole amanti.  chet baker suonò davanti a me al quasimodo, west berlin, vent’anni fa. non lo conoscevo bene, il suo “magic touch” forse stava svanendo. chet, il tormento è il prezzo del dono, il contrappasso del volere essere, del volere sentire? lo chiedo a te, mentre riascolto il tuo assolo che piove dall’alto in una british song, che parla di prezzi e guadagni di una guerra, cantata da elvis costello e robert wyatt, tanto, tanto tempo fa. cos’è che ci fa tendere alla vera vita, e ce la nega negli accidenti quotidiani, ripetuti all’infinito, apparentemente diversi, menzogne autopropagantesi, gocce di pioggia che scavano nelle rocce friabili del nostro essere?  cos’è che ci fa sentire peccato in ciò che peccato non è? eppure, eppure le spirali girano senza sosta, i colori continuano a sorriderci, nella stessa canzone, suonata dagli afterhours, in un altro pianeta, davanti a un altro io. perché il fine è l’essere, e l’essere cessa solo in reazioni chimiche, troppo caotiche da comprendere. getto a terra la scopa, e mi faccio avvolgere dai colori.