homeward bound

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ad agosto ho un appuntamento con la mia storia personale. dovrò presentare i risultati del mio lavoro più recente ad un congresso internazionale. proprio qui. in un’aula dove ho imparato l’ABC della fisica quantistica. l’ho scoperto poco fa. sono anni che non vado più nella mia Alma Mater. e quindi, è un cerchio che si chiude. i clash non sono mai morti. qui mi dettero la cassetta di london calling. ho ancora i quaderni degli appunti di quei corsi. scritti con penne rosse, nere, blu, verdi. zeppi di formule, tutte conseguenti. da 1 a 2 a 3 etc. le logiche, i ragionamenti, i disegnini. e le battute pregne di quell’humour un po’ romano, un po’ anglosassone che permeava i discorsi degli studenti e dei (grandissimi) professori. trovo conforto in tutto ciò. nel momento forse più difficile della mia strana vita, piena di città e fatiche diverse, vado a casa. 
 
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nun c’è probblema

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no, nun c’è. fin quando si vedono partite come queste, tirate alla morte. fin quando Ronaldo salta in cielo, Lampard indomabile segna e dedica il goal alla madre morta poche settimane prima.  fin quando il battito del loro cuore, il respiro rotto ed il sudore  mi investe dallo schermo. sotto la pioggia come deve essere. sarà finto, ma ci voglio credere lo stesso. sono fatto così, e quando voglio bene a qualcosa o a qualcuno ci credo fino in fondo, e non smetto mai. in fondo, fino ai calci di rigore. e anche dopo. sun on u 

perdere

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la pioggia della domenica pomeriggio, i portici umidi sopra le persone a spasso. ho da prendere le sigarette della domenica sera. sconfitte da collezionare come piccole perle acuminate. i reds perdono la champions, i lupi  disfano scudetti, noi  smarriamo patrimoni arraffati da un clown ridanciano che acquista modelle e ne fa tribune. si perde più che si vince, sempre. è la logica del gioco, ma le esistenze sono traiettorie, curve senza interruzioni nello spazio tempo. è l’energia e la sua legge di conservazione, forse che determina le sconfitte? vivere, tutto sommato, non è una scommessa, mai, se lo si pensa, si ha già perso. in  autostrada, col sole rosso alle spalle, il mare avanti.  avanti, perché come nello sport, non ha mai senso girarsi indietro.
 
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senza, dopo

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nel giro di un anno avevano ripreso ad avvicinarsi. gli uccelli di cernobil erano scomparsi nella tempesta di fuoco quando era esploso il reattore numero 4.

orsi tibetani e altre specie in via d’estinzione ripopolano  la zona smilitarizzata tra corea del nord e corea del sud. pesci nuotano nelle acque dell’atollo johnston, già poligono nucleare e  inceneritore di armi chimiche. piante ricoprono villaggi e città abbandonate per catastrofi, o per scelta.  senza di noi, l’acqua scorre e si insinua nelle case deserte, mentre la vita ramifica, trasmuta, perde e vince incessantemente nel gioco dell’evoluzione.
senza. nei nostri momenti peggiori, nelle perdite, noi pensiamo al senza, ma non al dopo.
il dopo arriva inaspettato e suona il campanello, come un postino che ci porta un pacco regalo.  magari ci canta anche una canzone.

fuori dalla porta, il sole aspetta ancora a diventare una gigante rossa.