Casa

Per oggi, un vecchio post.

Sono le 8.30, aspetto il minicab fuori dal cancello. Arriva in ritardo, sorry mate, mi dice con un sorriso ironico il tassista, e’ il solito liverpuliano dalla faccia furba ma simpatica. E’ un ex-docker, sbarca il lunario con questa parvenza di lavoro, un altro piccolo segno della crisi di questa citta’ devastata per decenni. OK, let’s go. C’e’ ancora tempo per arrivare alla stazione degli autobus. Il pullman va, attraversa Suburbia ed imbocca la M56. Il tranquillo paesaggio della campagna inglese incomincia a risvegliarsi per l’incerto arrivo della primavera. Fa ancora freddo, ma oggi c’e’ il sole, finalmente. Traffico, si’, ma si va, nessun problema. Aeroporto di Manchester, folle di pachistani in attesa di un volo da Islamabad, qualche famigliola inglese che parte per la Spagna, ancora gente con gli sci in partenza per la Francia, la Svizzera, il Colorado. Pochi businessmen, poca gente che si sposta per lavoro. Oggi e’ Sabato. Ieri sera sono uscito e sono andato ad Hardman Street col mio amico C., girando per quei locali dove boys in camicia col colletto chiuso e girls bionde in vestitini corti, senza maniche e senza calze, fanno la fila all’ingresso, e file di taxi all’uscita li raccolgono per portarli chissa’ dove. C. e’ riuscito a saltare la coda, come sempre, solo una quick beer pero’, in mezzo alla folla vociante ed alla musica assordante, la testa era altrove. Check in, controlli (niente di ossessivo e paranoico come sara’ in futuro) e poi dentro il non luogo per eccellenza, nel terminal. Prendo la stecca di Marlboro 100’s per mio padre, e mi metto a leggere The Guardian seduto davanti al gate. Il grigio John Major governa ancora, la prima e folle guerra del Golfo e’ ormai dimenticata; in Italia la situazione e’ decisamente piu’ interessante. C’e’ quel gruppo di magistrati a Milano, come si chiama quello piu’ famoso, ah si’, Di Pietro che sta mettendo sotto Craxi ed i suoi amici, ecco qua la notizia. Vorrei un giornale italiano, li vendono al book shop, ma resisto, fra un po’ me lo danno gratis sull’aereo. “E’ un terremoto”, mi strilla Pelu’ nelle orecchie da dentro il nuovo lettore CD portatile. Ci siamo finalmente, chiamano. L’hostess BA che mi accoglie dentro l’aereo e’ una signora di mezza eta’, dall’aspetto gradevole. Certo che con queste divise, poverette, sembrano delle massaie. Niente a che vedere con quelle Alitalia. Ma oggi, amica mia, mi porti a casa, ed il tuo sorriso e’ il piu’ bello del mondo. Poca gente sull’aereo, ahime’, anche stavolta non c’e’ nessuna bella ragazza vicino con la quale cercare di attaccare bottone. Anche se ci fosse, poi, non mi distinguo certo in questo genere di cose. Qualche volta ci riesco, ma poi, chissa’ perche’, faccio fatica a chiedere i numeri di telefono. E le occasioni scappano. Gin and tonic, noccioline, vino bianco. Ci vorra’ un bel po’ di caffe’ per smaltire, sono gia’ un po’ brillo. L’aereo sorvola la scacchiera dei campi inglesi, attraversa la Manica, sorvola la Francia e raggiunge le Alpi. Ma quello e’ il Cervino, sono sorpreso di me stesso, l’ho riconosciuto, e’ un piccolo miracolo. Dente aguzzo piantato nel bianco, mi ricordo di quando sono andato a sciare a Cervinia, sono solo tre anni ma sembra un’eternita’. Un po’ di turbolenza, poi vedo l’isola d’Elba, e’ incredibile, e’ proprio come la disegnano sulla carta geografica, e poi giu’, giu’, arriviamo. Esco, qua fa gia’ caldo, gente in occhiali da sole, elegante. Qualche telefonino. Mio padre mi aspetta all’uscita, ci abbracciamo, un po’ impacciati come sempre. Mia sorella lavora all’aeroporto, passa a salutarmi, e’ molto carina nella sua divisa, so gia’ che s’e’ messa con un nuovo ragazzo che lavora con lei. Auguri, stavolta spero che l’hai scelto giusto, penso, da bravo fratello maggiore un po’ geloso ed invidioso della sua freschezza e della sua solarita’. Papa’ mi porta alla macchina che e’ parcheggiata lontanissimo, come e’ sua abitudine. Non c’e’ problema, papa’, me la sto godendo lo stesso, anche se sudo sotto i vestiti troppo pesanti. Autostrada da Fiumicino a Roma, parliamo del piu’ e del meno, evito la politica il piu’ possibile, non voglio litigarci subito, io di sinistra e lui democristiano fracico, ma con un senso dell’umorismo col quale faccio a gara tutte le volte. Ridiamo, ci scambiamo qualche battuta in romanesco. Il casino del traffico e’ veramente impressionante, e mi devo un po’ riabituare alla guida a destra. Passo davanti alla mia vecchia palestra dove andavo a Judo da piccolo, questa volta voglio passare a trovare il mio maestro, mi ripropongo, naturalmente non lo faro’. Passo davanti alla mia scuola media (ricordi meno piacevoli) e poi a casa, in un attimo. Mia madre e’ li che mi accoglie sorridente, mi bacia, ha appena bevuto il caffe’ (ne vuoi? no grazie, mamma, in aereo ho gia’ fatto il pieno). Entro dentro la mia camera, poster vecchi, cartoline da Londra, lo stereo, la chitarra elettrica, la scrivania sulla quale ho studiato da quando mi ricordo. E’ pomeriggio tardi, l’aria dolce e primaverile si sta rinfrescando quando apro la finestra. Sotto, in strada, il solito paesaggio. Solite macchine parcheggiate in doppia fila, soliti ragazzi al bar che discutono d’a Roma e d’a Lazio, solita sporcizia per strada. Non ci posso credere, mio padre si sta guardando una partita di calcio inglese alla TV, c’e’ il Liverpool. Commentiamo insieme, come si chiama quel ragazzino, Mc Manaman, c’e’ anche Barnes. Poi si stufa e gira, c’e’ un documentario naturalista, tie’, beccate l’animaletti, mi dice. Adesso fuori e’ buio. Esci stasera? Mi chiede mia madre, gia’ in ansia per la cena da preparare. No mamma, c’e’ tempo per gli amici che pensano ai loro matrimoni, per i colleghi dell’Universita’, per le pizze a Testaccio, per i locali del centro, per le feste fuori citta’. Oggi resto a casa.

Pubblicato in Greg