gli anelli di roberto

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roberto agita le mani, mentre descrive quella-una-la realtà. gli anelli sulle sue dita ruotano, occhi infossati e calvizie precoce su una giacca nera, morbido accento di napoli, città dai colori splendidi e feroci: realtà. quando io vidi il film tratto dal suo libro (ma è un libro?) mi dissi: è un altro mondo. lontano dai motori, dalla tecnologia, dalla scienza della terra della mia umanità. ma lui mi dice, non è altro,  è qui, con te, parte di te. rifletto su questa “cosa” sfuggente, realtà, che ti fa dire: ehi, sono qua. questo è il mio occhio, la mia mano, il mio sangue, le mie cellule. e questo grave cade, questo atomo emette radiazione, questa reazione chimica è amore e questa invece è dolore. ma vedi, ci sono i fili visibili e invisibili che portano dalla causa alla complessità-caos, dalle foto di omicidi e di carabinieri e di preti sorridenti  morti ammazzati, che vedi dalla tua poltrona davanti agli schermi TV-LCD, a te, al tuo stato comfortably numb:  esistono, sono imprescindibili, ineffabili, indistruttibili. realtà presenti come città invisibili, fino a quando roberto-marco polo non te li fa vedere. nessuno è escluso, neuroni che gridano: “responsabilità, diritto alla felicità!”. e la felicità è un diritto, scandito e dimenticato in cicli di sangue dalla costituzione dell’ultimo impero, 1776. niente di imprescindibile, niente di avulso, niente che possa essere dimenticato. sei miliardi di entità che calpestano una sfera azzurra, in un sistema solare periferico, su un braccio della galassia detta via lattea, respirano agognano, vivono e muoiono per questo. QUESTO. gli anelli di roberto girano, intorno a ciò che viene detto responsabilità. e mentre i quattro carabinieri  lo portano in salvo, alla fine della trasmissione-ricezione, il respiro si fa leggero, nell’atroce dubbio della consapevolezza. male è male, bene è felicità.


chi sta zitto, mente.