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il ragazzo si avvicina con la macchina degli aghi. non voglio vedere, dico, un po’ per scherzo, un po’ sul serio. lui si mette a ridere, incomincia. non posso vedere, in realtà: è sulla spalla destra. sento il calore, quel piccolo dolore così insistente, il rumore elettrico che copre la musica. sudo dalle ascelle, chiacchieriamo del più e del meno. il rumore insiste, il cerchio prima, poi i raggi, sono dodici. li conto. dovrebbero essere simmetrici, ma uno è stato invertito. colpa dei miei innumerevoli nei, da evitare nel disegno. le simmetrie rotte, in realtà, sono importanti, nella fisica. grazie a loro, alle simmetrie che non ci sono più, esistiamo e respiriamo. è una cerimonia, difficile descriverla. forse è proprio l’atto che ha importanza, più del risultato, che si può vedere solo in alcune particolari circostanze. nascosto dai vestiti, è lì. è mio. l’ho scelto io. e nessun altro. è stato bello farlo, bello soffrire. bello vederlo subito dopo. chi non lo fa, non lo capisce. e così è per gli scritti che leggo ogni giorno. parole senza volto, vite non vissute da me, ma così pulsanti, presenti, nel mio caffè davanti ai pixel luminosi. nina, aka, noti, honey, judith, les, sette, lara, ana, daniel, egidio, angel, sismor, cleopa, jed, mari, bill, limi, zoe, fenila, tigra, divago… quanto ho imparato, da voi? chi non lo fa, non lo capisce. 

 

Bye bye, Larry

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David Bowie- The man who sold the world
 
Larry Fleinhardt è un fisico, coprotagonista del telefilm poliziesco “Numb3rs”, dove il matematico Charles Eppes aiuta suo fratello Don, agente FBI, nella lotta contro il crimine. Larry è amico di entrambi, e qualche volta si unisce a loro. Usano teorie scientifiche per risolvere i casi. Le teorie esposte, beh, sono vere, anche se applicate spesso in maniera, diciamo così, eterodossa. Larry è il fisico come se lo immagina la gente: distratto, intelligentissimo, eccentrico. E, poiché è dalla parte dei buoni, è mite, gentile e timido. Non ha una vera casa, e dorme nel suo Dipartimento, di nascosto, in un vano caldaie. Un mio collega, durante un periodo di lavoro particolarmente intenso, si portò il sacco a pelo in ufficio, fin quando non fu pizzicato e rimproverato duramente dal direttore. Un altro dormì in laboratorio, mentre cercava casa. Mi disse che non era mai stato così bene come in quel bivacco. Scommetto che Larry mette su i calzini spaiati. Io li metto, ogni tanto, ed un famoso teorema  di Fisica Matematica veniva spiegato dal suo scopritore proprio citando un altro professore che indossava calze di colore diverso. Presto Larry partirà per una missione spaziale, a bordo dello shuttle, a compiere strani esperimenti nella stazione orbitante. Ha un amore, ma relazionarsi con l’altro sesso è così dannatamente difficile, vero Larry? Meglio fuggire nello spazio. Parla spesso per metafore apparentemente strampalate, incomprensibili alla maggior parte dei telespettatori, immagino, ma non a me, che sono del campo. Larry corre in modo buffo, mentre si allena per la visita medica di abilitazione al volo, e siccome è un telefilm, ce la farà. Cita le superstringhe, la cosmologia relativistica, il caos, Feynman (ne ho già scritto, di lui) che suona le congas. Larry forse scomparirà dal telefilm, comunque temo che si assenterà per un po’ di puntate. Ciao, Larry, a presto. Cura la tua cosiddetta anima, so che ne hai bisogno. E mentre vedi il pianeta azzurro dall’alto, non pensare troppo a ciò che ci cammina sopra. 
 
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We passed upon the stair, we spoke of was and when
Although I wasn’t there, he said I was his friend
Which came as some surprise I spoke into his eyes
I thought you died alone, a long long time ago

Oh no, not me
I never lost control
You’re face to face
With the Man Who Sold The World

I laughed and shook his hand, and made my way back home
I searched for form and land, for years and years I roamed
I gazed a gazely stare at all the millions here
We must have died alone, a long long time ago

Who knows? not me
We never lost control
You’re face to face
With the Man who Sold the World

Who knows? not me
We never lost control
You’re face to face
With the Man who Sold the World

seven colours: violet

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400 nanometri. questa è la lunghezza d’onda della luce corrispondente al viola, che noi vediamo quando i raggi luminosi penetrano nella pupilla e vengono focalizzati dal cristallino sulla retina, dentro il nostro occhio. è il minimo di lunghezza d’onda percepibile dalla visione umana, così come il massimo corrisponde al colore rosso. ma oltre, oltre c’è un mondo. un mondo invisibile, sfuggente, riusciamo a vederlo solo attraverso altri strumenti: rivelatori, principalmente, il cui principio di funzionamento  sfugge ai più. ho utilizzato un tipo di luce emessa da una particolare macchina, che si chiama sincrotrone, comprendente tutti i colori, visibili e non visibili, anche l’ultravioletto e i raggi X. quando esce dalla macchina, questa luce può avere un colore dominante che vira verso il viola, o blu. una volta la vidi direttamente, con alcune precauzioni, perché pericolosa. questo “oltre”, che ho visto o utilizzato, e che permette di ottenere risultati bellissimi nel mio campo, non è granché. c’è un “oltre”, negli atteggiamenti, nel comportamento e in quelle particolari reazioni chimiche, dette sentimenti, che non capirò mai. troppo complicato. e purtroppo, non mi rassegno ad accettare questo semplice dato di fatto. forse riusciremo, riusciremo ad aprire certe porte e a comprendere certi meccanismi. ma anche se sappiamo, grazie a Newton, perché cade una mela, questa continuerà a cadere, inevitabilmente. l’unica cosa da fare è evitarla mentre cade, raccoglierla e mangiarla.

There’s more to the picture
Than meets the eye.
 

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la luce bianca è scomponibile in sette colori: rosso arancio giallo verde blu indaco violetto. corrispondono a diverse lunghezze d’onda.

 

seven colours: orange

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quanto manca alla chiusura degli impianti. quanto. c’è ancora tempo per risalire sul boè,  su piz la jla, su porta vescovo, sulla marmolada e scendere, nel sole arancio, con la brezza della primavera che piano piano si trasforma in lupo che ti morde sulla faccia. addio nell’ultima pista. la neve un po’ sfatta, nessuno intorno e dentro. questi sci carving fanno miracoli, giri come niente e ti senti stenmark, anche se è solo un’illusione di consumo. basta un pezzo ghiacciato, una cunetta un po’ alta, un cumulo di neve stanca e lì ti disunisci, ti pianti, sbuffi, perdi il ritmo. sorridi stretto, devi tenerli uniti, ‘sti cazzo di sci, devi curvare bene, devi piegare le gambe. anche se alle montagne rosa non frega niente. perché l’ultima deve essere come la prima, come sempre. negli occhi, le lacrime di freddo. sulla testa arriveranno stelle.
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