Occhioni blu

Oggi occhioni blu ha suonato. Era una favola in musica, recitata, suonata e cantata davanti a tanti bambini. Occhioni blu stava poco bene, un po’ di febbre, non era andata a scuola negli ultimi giorni, ma niente al mondo le avrebbe impedito di suonare. Quando è arrivata al “punto lettura” (una piccola biblioteca di quartiere) saltellava per la contentezza. Niente emozione o paura, lei è così. Ha suonato benissimo, come sempre. Alla fine, c’era il sole dopo una settimana di pioggia. Nel prato fuori della biblioteca, la figlia di un mio amico ha raccolto tante margherite. Questo piccolo post è dedicato a occhioni blu. Perché il mondo è bello. Perché lei esiste.

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Hope…

…to feel better… ANYWAY.

P.S.: e quelli del post precedentente sono i MIEI sandali ed il MIO braccialetto di rame.

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Bill

Spirito ti fai chiamare
mi dicesti ho perso il cuore
e il dolore che sprigiona
in scintille nella notte cittadina
stempera in risate leggere
di piogge di Aprile.
Vai nel sole della gente
spirito non sei
nelle mie sere meno solitarie.

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T.

Felino parlante, graffiami di musica
rhytm’nblues nella chitarra di una bimba
con una valigia sfavillante.
Può “legge” e “cuore”
essere un pensiero unico e leggero
come quel palloncino che mi vola sulle idee
di questo pomeriggio al Nord
verso il Sud della tua passione.
Das liebe is nur fur dich.

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Diam

Fiamme ai tuoi piedi
sali sorridente e ciarliera
non più lacrime salate
non più quel male distorto.
Il cammino può chiudersi
il ritorno diventare
andata senza fine
nella casa di bolle
soffiate dalla tua anima.

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Aka

Dioscuro vestito lucido
sapere e sentire nel tuo cortese sorriso
parola spedita nello spazio.
Che importa se l’io è dominante
quando offerto con grazia.
Occhi, orecchie, mani che cercano
domande in oceani mentali.
L’oriente vicino è radice
della tua benevolenza.

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Cleo

Sole sulla città amara
cammini nervosa, lo sguardo si stringe
dentro al groviglio
di io, tu, noi.
Mare di acqua dolce
profondo in quella parola
che dà la forza al sentire.
I grazie che mando come baci
non saranno mai abbastanza.

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Yle

Nervi sensati
lucide stanze in disordine
piccole punture
benedicenti.
Agro e dolce nel pixel
sfumato in risate sagge.
E’ la mente che comanda lo stupido sentire
nelle droghe autoprodotte
da fantasmi inesistenti.

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Dans la Seine

Quand on n’a plus rien en soi – Quand on n’a plus de refuge
Quand on ne peut plus fuir – Quand on ne sais ou courir
Noir comme la nuit – Oui noir comme mon ame
Noir comme les eaux – Dans lesquels je sombre

And in the waters I sink and in the waters I drink
Until I rise to the top which in truth is not
It’s the same as below with a put on as show
To make you feel your alright, to make you feel theres no fight

Joe & Moe

Joe e Moe si abbracciano sulla scaletta che porta alla nave. I razzi stanno per accendersi, Joe ha il suo casco sotto il braccio. E’ tutto pronto. Gemelli, insieme tutta la vita, ora le loro strade si biforcano. Joe parte, e andrà molto, molto veloce, su su su, anni luce lontano. Moe rimane a terra, nella sua villetta con giardino, moglie, bambini e cane compreso. Stessi occhi, stessi studi, stesse ragazze. Poi, un giorno, in Joe è scattato qualcosa, e ha deciso di diventare altro, mentre Moe diceva sì all’altare e metteva l’anello. Joe in occhiali scuri, testimone di Moe, guardava Barbara in abito bianco, sorridente, Dio come l’amava ancora. Joe entra nella nave, si mette il casco, pensa, ma come hanno fatto a realizzare questo gioiello che viaggia quasi alla velocità della luce. I razzi si accendono, le rampe cadono, fuoco tutt’intorno, Moe osserva la scia bianca contro il blu dalla terrazza sopra il cosmodromo, con Barbara stretta intorno a lui. Tutto sotto controllo, nella grande sala gli ingegneri applaudono, Joe perde i sensi, come previsto, mentre pensa alle lacrime di Barbara dopo avere fatto l’amore quell’ ultima, dannata volta che lo specchio si è infranto.

La vita di Moe è un fiume placido, con dei vortici sotto la superficie, piccoli gorghi che trascinano la sua anima. Moe nella sua villetta con giardino, i suoi barbecue con gli amici, gli alti e bassi con Barbara, i figli ormai grandi, il cane vecchio. Moe, la notte, guarda quei puntini luminosi in alto, una birra dopo l’altra, le rughe agli angoli degli occhi sempre più profonde, i grilli cantano le notti d’estate, ma le crepe si aprono, i gorghi lo risucchiano e lo risputano, mentre il fiume placido va.

Cinque minuti di Joe sono cinque mesi di Moe, il tempo è relativo, è il cosiddetto paradosso dei gemelli, il tempo rallenta per chi viaggia. Einstein l’ha scritto, la teoria è confermata. E così, il viaggio che per Joe dura poche ore, per Moe dura una vita. Chissà se i due gemelli si rivedranno, forse Moe non ce la farà, sotto sotto Moe spera di non farcela. Lo specchio si è infranto, tanti anni prima per Moe, pochi mesi prima per Joe. Il coyote ulula, canta per le stelle di Joe, mentre Moe tracanna l’ennesima lattina, in veranda, contemplando l’ultima crepa che si è aperta.

Past

Past is past. Now is now. Will future be? Bit of a smiling mask, as usual. Tears behind, breeze on my hair. Dreams floating all over, of green eyes and sunny showers.

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Light cone

Mi piacciono i film corali, quelli alla Altman, per intenderci, come Nashville, o America Oggi. Il film che mi piacque di più, l’anno scorso, fu Crash-contatto fisico. Sono difficili da realizzare, e qualche volta difficili da seguire. Anche Magnolia mi piacque moltissimo. Tutte quelle storie che si intrecciavano a Los Angeles. Storie che si intrecciano, è così che va, nella vita. Molto spesso non ci accorgiamo degli intrecci. Un punto, nello spazio-tempo, viene definito evento, secondo la relatività. Un punto preciso ad un tempo ben definito. Ad ogni evento è associato un cosiddetto cono di luce, che divide lo spazio tempo intorno all’evento in due regioni separate.

L’evento descrive una traiettoria, dentro il cono. Istante per istante, noi siamo eventi che formiamo una traiettoria. Le nostre traiettorie descrivono delle linee curve, e possono avvicinarsi ed allontanarsi. Ed ogni punto successivo, ogni evento successivo, ha il suo cono di luce. E’ una visione un po’ poetica della teoria della relatività ristretta. Siamo scie nello spazio-tempo, che forse possono interagire, e cambiare le loro traiettorie per le interazioni. Ma le cambiamo veramente? Io non credo. Le nostre scie procedono parallelamente, allontanandosi o avvicinandosi. E curviamo impercettibilmente lo spazio tempo intorno a noi, inclinando il nostro cono di luce, per la nostra materia, che genera gravità. Magnolia, e gli altri film bellissimi, mi fanno venire in mente queste strane idee. Infine, questa canzone, colonna sonora del film. Il testo.

It’s not
What you thought
When you first began it
You got
What you want
Now you can hardly stand it though,
By now you know
It’s not going to stop
It’s not going to stop
It’s not going to stop
‘Til you wise up

Gli attori, coralmente, la cantano nelle loro situazioni. No, non si ferma, non voglio mettere giudizio, lo penso stasera, mentre torno in bici a casa, al tramonto.

Entanglement

Entanglement in inglese vuol dire intreccio. Legacci, corde, nodi che ti legano a qualcosa, da cui è difficile divincolarsi. Nella fisica quantistica, esiste una situazione, un fenomeno che prende questo termine. E’ come una magia, un effetto paradossale che creò,e crea, grattacapi a scienziati molto illustri, a cominciare da Einstein, il quale ebbe grossi problemi nell’accettare la visione della realtà che la teoria quantistica ci offre. Esistono infatti degli stati, nella realtà quantistica, in cui le particelle sono intrecciate, legate. E continuano ad essere legate anche se si trovano molto, molto distanti, separate anni luce di distanza. Ma la cosa incredibile, è che se prendiamo due particelle in uno stato “entangled” (legato), le separiamo, e poi riveliamo attraverso delle misure lo stato di una delle due particelle, lo stato dell’altra sarà determinato automaticamente. Il punto è che, in linea di principio, non si sa come sta la particella 1, chiamiamola così, anzi, è possibile al 50% che stia in un modo o nell’altro. E in base alla misura dello stato della particella 1, lo stato della particella 2 è dato di conseguenza. Cioè a seconda di come Bob misura la sua particella 1, Alice trova una risposta diversa dalla misura della sua particella 2, che dipende da Bob e dalla particella 1. Un’azione a distanza, istantanea. Questa situazione disturba la nostra idea di realtà, e di come avvengono i fatti. Recita wikipedia:

L’entanglement quantistico costituisce una difficoltà… in quanto è incompatibile con il principio apparentemente ovvio e realistico della località, per il quale il passaggio di informazione tra diversi elementi di un sistema può avvenire soltanto tramite interazioni causali successive, che agiscano spazialmente dall’inizio alla fine. Ad esempio, secondo il principio di località, il mio pugno può arrivare al tuo naso solo se io sono abbastanza vicino a te, o se sono in grado di mettere in moto meccanismi che, passo dopo passo, giungano fino al tuo naso.

Molti anni fa, lessi un libro di un grande fisico inglese che si chiama Roger Penrose. Mi fu regalato da un mio collega italiano che lavorava in quel tempo a Liverpool, col quale dividevamo insieme gioie e dolori dell’emigrazione. Un libro affascinante e difficile, che si pone il problema della “fisica della coscienza”, cioè delle leggi fisiche che potrebbero portare ad una descrizione accettabile della nostra coscienza, di come funziona la nostra mente. Tra le moltissime informazioni, teorie ed idee esposte in questo libro, c’è questo passo, a proposito dell’entanglement:

Fin quando questo intreccio quantistico persiste, non è possibile considerare, a rigore, ogni oggetto dell’universo come qualcosa a sé stante. Ciò non è soddisfacente, dal mio punto di vista… Perchè non considerare l’universo come un casino di oggetti intrecciati quantisticamente, che non ha nessuna relazione col mondo “classico” che noi osserviamo?

Per mondo classico, Penrose intende una visione deterministica della realtà, causa ed effetto, dove due oggetti lontani non possono essere intrecciati, uno da una parte, uno dall’altra, a meno di una interazione che si propaga passo passo, veloce o lenta che sia. Però la fisica quantistica funziona, siamo noi ed il nostro senso comune che non la accettiamo, o non ne siamo nemmeno consci. E questo “little piece of magic” che è l’entanglement fa parte della realtà. Ma cosa è la realtà? O meglio, perchè noi percepiamo una realtà così diversa da quella della fisica quantistica? Non c’è risposta. Ma il senso di mistero e di fantastico che permea il mondo in cui vivono e muoiono le particelle è incredibilmente affascinante. E nella situazione di entanglement trovo un pizzico di romanticismo, che non mi dispiace affatto.

Something about Richard

Il disegnino che vedete sopra si chiama “diagramma di Feynman”. Sembra uno scarabocchio carino, ma ha un preciso significato. In parole povere, descrive l’interazione fra due particelle, due elettroni in questo caso, attraverso scambio di radiazione elettromagnetica. Le linee diritte stanno ad indicare, più o meno, gli elettroni che viaggiano, ad un certo punto da uno dei due parte una linea ondulata (radiazione) che arriva all’altro, e poi i due se ne vanno per fatti loro. Come due giocatori di calcio che si muovono sul campo, si avvicinano, si scambiano la palla e poi si allontanano. Dov’è la bellezza di questo grafico? Sembra banale, ma non lo è. Ogni linea, ed ogni punto dove le linee si incontrano corrispondono ad un termine di una formula matematica, che ci dà la probabilità che questo fenomeno (lo scambio della palla) avvenga. E la formula è molto lunga, e difficile. Chi inventò questo modo semplice e diretto di rappresentare delle formule complicate era un genio. Infatti prese il premio Nobel. Si chiamava Richard Feynman, uno dei più grandi fisici di tutti i tempi. Personalmente non utilizzo i diagrammi di Feynman, perché lavoro in un campo diverso della Fisica. Ma li ho studiati, e li ho sempre trovati affascinanti. Sono di fatto degli ideogrammi, come quelli della lingua cinese, ad esempio:

sta a significare amore, “ai” (da buon romanticone, ho scelto proprio questo). Questo carattere è complesso, ed è composto da tre ideogrammi. Dice la spiegazione che ho trovato sulla rete:

“Al centro del carattere troviamo infatti il simbolo per il cuore “xin” racchiusa dall’ideogramma “respiro” (nella parte superiore) e dal concetto di “movimento aggraziato” nella parte inferiore. L’amore quindi nella cultura cinese e’ una fonte inesauribile d’ispirazione che soffia la vita nel cuore e dona grazia e armonia all’intero corpo umano.”

Mentre i diagrammi di Feynman sono disegni semplici, che però indicano formule e concetti complicati, gli ideogrammi cinesi sono complessi da disegnare, ed esprimono soprattutto parole e concetti comprensibili a tutti. Ma per me c’è un senso dell’estetica in tutte e due le rappresentazioni grafiche, che le accomuna: la bellezza della descrizione della natura e del pensiero, la bellezza della mente umana.
Richard Feynman era un grande uomo. Un grande professore, adorato dai suoi studenti, al Caltech di Los Angeles, e spiegava la fisica, anche quella più semplice, in modo eccezionale. Suonava le congas, partecipò più volte alla sfilata del carnevale di Rio, era affascinante (donnaiolo) e simpatico. Insomma, un mito. Questo è un estratto dal suo libro di testo, ovviamente straordinario, e ben diverso dai noiosi manuali universitari:

“….perchè la Natura è così vicina alla simmetria? Nessuno ha idea del perchè. L’unica cosa che potremmo suggerire è un qualcosa di simile: Vi è una porta in Giappone, a Neiko, che talvolta è chiamata dai giapponesi la porta più bella di tutto il Giappone: fu costruita in un’epoca in cui c’era molta influenza da parte dell’arte cinese. Tale porta è assai elaborata con gran quantità di timpani e belle sculture…… Ma quando si guarda attentamente si vede che nel disegno elaborato e complesso di uno dei pilastri uno dei piccoli elementi del disegno è scolpito a rovescio; altrimenti la cosa è completamente simmetrica. Se si chiede perchè è così, raccontano che fu scolpito a rovescio affinchè gli dei non fossero gelosi della perfezione dell’uomo. Sicchè a proposito s’introdusse lì un errrore, in modo che gli dei non fossero gelosi e non si adirassero con gli esseri umani. Anche le leggi della Natura non sono simmetriche. Ci potrebbe piacere di capovolgere l’idea e pensare che la vera spiegazione della quasi simmetria della natura sia questa: che Dio fece le leggi soltanto quasi simmetriche in modo che non fossimo gelosi della Sua perfezione.”

Johnny Johnny

Due anni fa scrissi un post su questo video, e sulla sua canzone. Gosh, il tempo passa. Era quasi un’altra vita. La mia parte Dharma non c’era quasi più, era rimasto solo Greg. Che faceva avanti ed indietro con la macchina tra due città distanti più di 300 Km ogni settimana, ed aveva un vecchio stereo col mangiacassette, che non sentiva quasi mai. Notizie alla radio, cellulare, sei arrivato? ancora no, ingorghi a Mestre e così via. Poi ricominciai a sentire le cassette. E spuntarono fuori i Prefab Sprout. Dharma ne fu felice, e battè i primi colpi. Il video, già. Molto romantico, un po’ retrò, con gli spezzoni di un film sentimentale degli anni ’60, in bianco e nero, che non riconosco. Non riconosco nemmeno gli attori. Buffo, no? Vi faccio vedere un video degli anni ’80, con dentro un film degli anni ’60. Tutto così dannatamente all’indietro. Ma il testo della canzone ha un messaggio molto chiaro.

La vita non è completa
fino a quando il tuo cuore non perde il battito
e non puoi fingere
non puoi far girare indietro l’orologio.

E’ un po’ come l’infinite loop, il simbolo matematico dell’infinito che metto a chiudere i post. Una curva chiusa, sembra che si ritorni indietro, ma non si può. Perchè l’infinito è avanti. E il tempo vola. Si può curvare, la gravitazione lo fa, lo distorce. La nostra mente vuole addirittura farlo tornare indietro. Ma la freccia punta solo in una direzione. Me lo devo ripetere più spesso. Qualcuno me lo ha ricordato, recentemente. Solo in questo modo Dharma e Greg possono fare la pace .

Light

Non mi stancherò mai di elogiare la mia bici. Leggera, elegante, mi ha portato oggi pomeriggio in giro per la città. E leggera è stata questa giornata di precoce primavera. Una canzone dei Prefab Sprout, gradevole e agrodolce, con un pizzico di ironia, mi ha accompagnato.

Cruel is the gospel that sets us all free,
then takes you away from me.

Ho usato gli occhiali scuri, sì, ma solo perché c’era un sole splendido. Sorseggio un bicchiere di Montepulciano d’Abruzzo, stasera, e penso ai prossimi viaggi, al giorno in cui rivedrò il Liverpool Waterfront, ai colori del mondo che mi riempiranno lo sguardo e alla musica che continuerà a fluire nelle mie orecchie. Sun on you, miei cari, vorrei che vedeste coi miei occhi.

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Quando

Quando la pianterete di litigare? Quando tornerete a baciarvi? Quando sarete di nuovo tutt’uno? Quando vedrete con gli stessi occhi? Quando i vostri occhi non saranno più nascosti dagli occhiali scuri, nelle mattine di sole o di pioggia che siano? Vi amo, tutti e due. Non fatevi male, permettete che io respiri. Che possa vedere il mondo come prima. Che la notte non morda più. Che il mattino sia leggero.

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