Adesso voi suonate. Per noi. Clash combo. This must be the way out. Aria di festa in giro, uh?
Adàgiati sul divano
al fuoco freddo blu
il braccio steso
sullo schienale
riflessi del globo
che dalla stazione
spaziale
internazionale
sembra un miracolo
e dentro
DENTRO
brucia
di rivolte non sopite
braci che aspettano
BENZINA
per divampare
dietro il sorriso
Nel 2005, durante Chelsea-Barcellona, Ronaldinho segna un goal bellissimo: da fermo, finta tre volte e tira di punta per sorprendere il portiere. Elegante, lineare, sembra facile.
Nel 1925 Erwin Schrödinger scrive per la prima volta l’equazione che è alla base della meccanica quantistica: a Natale, in uno chalet svizzero, in compagnia di una delle sue tante amanti. Me lo immagino, Erwin, davanti al caminetto acceso, mentre gioca con i capelli della donna del momento, e le spiega cos’è il fuoco:
mia cara, è solo una reazione di ossidazione, nella quale gli atomi si ricombinano. E’ violenta, incontrollabile, libera energia, ed una parte di questa è sotto forma di luce. Rossa, gialla, o blu.
Illuminati. Ronaldinho e Schrödinger sono illuminati. Anche noi illuminiamo, ma la radiazione che emettiamo non è visibile. E’ nell’infrarosso. Perché siamo caldi, e viviamo. La possiamo vedere con occhiali e sensori speciali, come quelli in dotazione ai soldati americani, quando vanno a caccia di cattivi barbuti nella Città del Sangue.
Mi hanno detto: tu sei diverso, sei illuminato, talvolta. Non so se è vero. So solo che sembra facile, però costa fatica e allenamento, come per il Pallone d’Oro ed il Premio Nobel.
Ma le scintille volano sempre.
L’auto-similitudine è un concetto matematico. Un oggetto “auto-simile” assomiglia a se stesso su qualunque scala lo si osservi. Cioè, tu lo vedi prima ad occhio nudo, poi con una lente di ingrandimento, poi con un microscopio ottico, poi con un microscopio elettronico. Sempre uguale. Pensa ad un abete. Il tronco, i rami, le foglie. Sono autosimili. Anche le coste viste dal satellite, le guardi, poi fai uno zoom, ed i golfi, le calette e le piccole insenature, una dentro l’altra, si ripetono. Si possono fare un sacco di esempi di questo genere. Questo tipo di struttura si chiama frattale. Il concetto di frattale ha avuto un grande impatto nel mio campo, la fisica, e anche nelle altre scienze. Ma la cosa più sorprendente è l’estetica delle strutture a frattale. Di nuovo, la natura ci fornisce un senso del bello particolare, che ci spiazza, ci sorprende. La sensazione che si prova di fronte alle immagini frattali è di qualcosa di comprensibile e misterioso al tempo stesso. E ci si perde dentro, perchè la scala, le dimensioni fisiche non hanno più importanza. Cosa vuole dire essere grande o piccolo se sei in un frattale? Niente. Fantastico, vero? E in parte noi siamo fatti così, perché il mondo è anche così. E’ come un viaggio senza tempo e senza spazio. Buon viaggio, allora. Nel mondo che si ripete e si ripiega all’infinito.