Wormhole Antonioni

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“Da cosa stai fuggendo?”
“Guardati dietro.”
E’ una lunga strada alberata, Lei si volta e allarga le braccia, sporgendosi dalla decappottabile, sorridendo, mentre i capelli ribelli le volano tutt’intorno. E’ una scena di Professione reporter, che ho visto qualche giorno fa. E’ un altro universo, quello che ho visto. Un altro spazio tempo. C’era, sì, c’era. E un wormhole mi ha trascinato, ingoiato, risucchiato. Wormhole: “è una ipotetica caratteristica topologica dello spaziotempo che è essenzialmente una “scorciatoia” da un punto dell’universo a un altro (o tra universi paralleli), che permetterebbe di viaggiare tra di essi più velocemente di quanto impiegherebbe la luce a percorrere la distanza attraverso lo spazio normale.” Ipotetica, non provata. Ma io immagino che esista, stanotte, mentre penso alla vita che è venuta, alla vita che è. Al mondo, gigantesco vortice di immagini facce, situazioni affastellate una sull’altra. Non è nostalgia del passato, no, è solo una sensazione di vertigine, di perdimento. Quello che ero, che respiravo, semplicemente non c’è più. Tutt’intorno a me, altre storie ora.  Tutto un altro vivere, fuori e dentro. Televisioni che mostrano situazioni diverse, parole diverse per strada. Il pane e le rose? Cosa sono, dove sono? Altro. Pensieri di un universo diverso, la mia zattera naviga nel mare dal quale sono emerso all’improvviso senza accorgermene. Alla radio dicono che per i giovani il rock’n’roll è roba che non va, predicatori con la barba minacciano la fine del mondo in intenet (internet????).  Luoghi stravolti,  fatti stravolti. E’ un altro universo, con cose buone ma aliene. A me. Stanotte. Il wormhole mi ha trascinato senza accorgermene, in un universo parallelo. Così simile, continuo, ma la vaniglia non c’è più. Groppo in gola, dico le cose col loro nome. Poi metto su un sorriso vago, e continuo a navigare. Aspettando il messaggio  in  bottiglia dall’universo sparito.

Michelangelo ed Erwin

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Ho rivisto Blow-up la scorsa notte. Non voglio fare una celebrazione di Antonioni e della sua opera. Però il suo film mi ha fatto molto pensare al concetto di realtà, e della sua percezione. Il protagonista scopre  un omicidio in un parco attraverso le sue foto, trova il cadavere dopo una successiva visita notturna al luogo del delitto, ma poi tutto scompare, si dissolve: le foto ed il morto. Il film si conclude magistralmente con una partita a tennis immaginaria tra due ragazzi vestiti da clown, senza racchetta e senza palla. Il protagonista assiste alla partita, e partecipa alla finzione, rilanciando la palla immaginaria che è uscita dal campo.
Penso alla realtà, ed alle leggi fisiche che esprimono il comportamento della materia, della natura. La realtà è percepita attraverso i nostri sensi, in primis la vista, ed elaborata dal cervello. Esiste una realtà oggettiva, “altro” dalla nostra elaborazione, cioè indipendente dalla nostra esistenza? Se io muoio, la Terra continua a girare intorno al Sole? Le informazioni che ci scambiamo attraverso il linguaggio, o le espressioni gestuali, portano ad una base comune, ad una oggettività, appunto. E qui c’è il primo passaggio spinoso. Soprattutto ora, che lo scambio di informazioni avviene sempre più in maniera indiretta, attraverso strumenti quali giornali,  telefono, radio, TV, internet e quant’altro. Non è detto che ciò che viene condiviso sia reale. Però in qualche modo lo diventa, nella nostra mente. Scopro l’acqua calda, ma è così. La Terra gira intorno al Sole, ma in antichità si pensava il contrario, perché noi vediamo il Sole muoversi. Il senso comune, in questo caso, fallisce. La “morte- non morte” in Blow up mi ha fatto pensare alla realtà della Fisica Quantistica, dove le particelle seguono leggi a carattere probabilistico, e non deterministico. Una particella può essere in uno stato dove una sua caratteristica particolare (ad esempio, il suo spin) ha il 50% di probabilità di essere in un modo ed il 50% di probabilità di essere in un altro. Se effettuiamo una misura per determinare questa caratteristica, potremo ottenere un risultato, o l’altro. Si può arrivare addirittura a dei paradossi, quali quello del gatto di Erwin Schrodinger (uno dei fisici che ha  gettato le basi della Fisica Quantistica). Mettiamo un gatto in una stanza. Prendiamo una particella soggetta ad un processo di decadimento, che emette radiazione. La radiazione attiva un congegno letale per il gatto. Ma il processo di decadimento segue leggi probabilistiche, proprie della fisica quantistica. Può decadere oppure no. Se chiudiamo la stanza, con dentro la particella, il congegno letale ed il gatto, non sappiamo che succede a quest’ultimo. Può essere vivo o morto. Il suo stato dal punto di vista fisico è “né vivo, né morto”. Oppure tutte e due le cose. E’ un po’ quello che succede in Blow-up, no? Forse non  è esattamente la stessa cosa. Però  la realtà cambia, perché non è detto che la nostra percezione sia corretta, non è detto che lo scambio di informazioni che porta alla fondazione della realtà oggettiva sia avvenuto bene, e  non è detto che i risultati delle osservazioni siano certi e ripetibili. Forse sono banalità quelle che scrivo. Però il film è splendido, e le scene, i dialoghi, le situazioni sono affascinanti. E l’aspetto “glam”, la bellezza delle modelle e delle attrici che vi compaiono lo fanno risplendere di una luce magica, contrappasso alla serietà delle questioni che affronta.
 
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P.S.: L’esperimento del gatto di Schrodinger è  puramente concettuale, un paradosso. Non è mai stato compiuto. Per motivi tecnici, non è possibile realizzarlo. Anche se lo fosse, nessuno lo farebbe con un animale per motivi etici, io per primo, in quanto ho due gattini adottati da poco.Dopo questa precisazione, vado in ferie più tranquillo.