NC (in memoria)

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oggi pomeriggio hanno assegnato ufficialmente i premi nobel per la fisica 2008, la nostra champions league. tre professori hanno alzato la coppa, nambu, kobayashi e maskawa, per il loro contributo alla fisica delle particelle elementari, in particolare alla costruzione di quella teoria detta modello standard, il pilastro dell’interpretazione di tre delle forze fondamentali: elettromagnetismo, interazioni nucleari deboli e interazioni nucleari forti. manca la gravità, ma questa, come si dice nei film, è un’altra storia. i loro studi (quelli per cui hanno alzato la coppa) risalgono agli anni 60 e 70, un altro pianeta, un altro universo. per qualche motivo inspiegabile, a me e ai miei colleghi,  è stato negato il premio ad un altro fisico, nicola cabibbo. che aveva contribuito in egual modo, forse anche di più. cabibbo è stato mio professore, ho avuto il piacere dunque di conoscerlo. fu l’unico docente a bocciarmi ad un esame (fisica teorica) perché non voleva promuovermi con un voto basso. fumava (fuma?) la pipa,e vestiva una giacca a scacchi, che ho riconosciuto in alcuni filmati d’epoca, rispolverati dai tg per l’occasione, lo “scippo”, come si strilla da più parti. understatement, questa è la parola che mi viene in mente quando penso a lui. e signorilità, cortesia, fair play. è vicino, come portamento e carattere, all’accademia come vorrei che fosse. britannica, con accento romanesco. nobile, distaccata, ma senza troppo snob, e l’umorismo che caratterizza l’intelligenza umana, superiore. persone così, sono sempre meno. e perdono. ma perdere cosa? niente è perso, perché vincere (e lo scrivo a capo chino) spesso è solo un’apparenza. l’apparenza che in questi sciocchi tempi domina, ma non mi rende schiavo. non ci rende schiavi, se guardiamo avanti, tenendo alta la nostra torcia, e tendiamo ai nostri sogni, al nostro essere, alla nostra nobiltà di donne e uomini, scesi dagli alberi per affrontare le savane.

http://weller60.myblog.it/media/02/00/2140931609.mp3
Portami la notte
Non sopporto un’altra ora di quella luce

(scritto il 7 Ottobre 2008)

Blond on Black

 

 

I Police girano su loro stessi e non si guardano, non interagiscono in questo video del 1986. La loro storia è già finita. Intorno, strumenti, scene di vecchi video di concerti, colori in una sarabanda di figurine che si rincorrono, a celebrare il loro successo. Niente di nuovo da dire, la canzone scorre in una nuova versione, è “don’t stand so close to me”, le memorie (o fantasie) di Sting, giovane insegnante di liceo. Sono freddi, distanti, biondi algidi vestiti di nero, ma la musica è un ciclone, la batteria di Stewart Copeland percuote l’anima, i riff di Summers scavano il cuore. Il nero delle storie che finiscono, il biondo delle nuove vite. Addii pieni di rancore, occhi rossi dalle lacrime trasparenti, guerre senza vincitori. Le rinascite hanno sempre bisogno degli addii. Il rancore è una legge di natura, o solo un contorno non necessario? Non lo so, camminare sul filo sopra le tempeste è difficile. Impossibile, non mi sentirei di dirlo. Il dopo può essere meno proibitivo.