tattoo

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il ragazzo si avvicina con la macchina degli aghi. non voglio vedere, dico, un po’ per scherzo, un po’ sul serio. lui si mette a ridere, incomincia. non posso vedere, in realtà: è sulla spalla destra. sento il calore, quel piccolo dolore così insistente, il rumore elettrico che copre la musica. sudo dalle ascelle, chiacchieriamo del più e del meno. il rumore insiste, il cerchio prima, poi i raggi, sono dodici. li conto. dovrebbero essere simmetrici, ma uno è stato invertito. colpa dei miei innumerevoli nei, da evitare nel disegno. le simmetrie rotte, in realtà, sono importanti, nella fisica. grazie a loro, alle simmetrie che non ci sono più, esistiamo e respiriamo. è una cerimonia, difficile descriverla. forse è proprio l’atto che ha importanza, più del risultato, che si può vedere solo in alcune particolari circostanze. nascosto dai vestiti, è lì. è mio. l’ho scelto io. e nessun altro. è stato bello farlo, bello soffrire. bello vederlo subito dopo. chi non lo fa, non lo capisce. e così è per gli scritti che leggo ogni giorno. parole senza volto, vite non vissute da me, ma così pulsanti, presenti, nel mio caffè davanti ai pixel luminosi. nina, aka, noti, honey, judith, les, sette, lara, ana, daniel, egidio, angel, sismor, cleopa, jed, mari, bill, limi, zoe, fenila, tigra, divago… quanto ho imparato, da voi? chi non lo fa, non lo capisce.