moris

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quando entro nel bar di moris, lui nemmeno si volta. sa chi sono e cosa voglio.e così con tutti i suoi clienti, che ti assicuro, sono un bel po’.  le donne (di cui ha una maledetta, pessima opinione) le chiama nani, se le conosce un po’. mi fa il caffè macchiato la mattina, prima che vada al lavoro, o il campari soda con ghiaccio e limone, la domenica prima di pranzo. gli stuzzichini sono pezzetti di gnocco fritto, che prendo direttamente da un vaso di rame, dietro il banco. rino, il siciliano che mi vende mozzarelle, mi ha offerto il caffè.  è passato vicino al bar, tra il dehors e il bar in bici, e mi ha salutato mentre bevevo l’ape. moris l’ha rimproverato, e lui gli ha risposto che doveva salutare un amico. il fornaio ieri mi ha salutato per strada, e mi ha chiesto”come va?”. una volta lo ascoltai mentre parlava di casualità e causalità, e gli menzionai la storia dell’orologiaio cieco. all’altro bar, dove vado quando moris è chiuso per turno, la madre e la figlia mi hanno fatto notare che sembro sempre arrabbiato la mattina. e mi servono il caffè macchiato con le decorazioni di cioccolato. nel negozio bangla, dal quale mi servo quando devo comprare le birre fuori orario, il proprietario mi chiama ingegnere, anche se sono un fisico, un mestiere incomprensibile ai più. sta facendo il ramadan, povero, o beato? lui e la moglie sono internet dipendenti, guardano bollywood su youtube. i filippini si siedono sulle panchine la sera e chiacchierano, a voce alta, ridono e sono comunità, come noi non ci sogneremmo mai di essere. la domenica mattina i vicini messicani, o venezuelani, o che so io, sentono questi loro ritmi a volume alto, mentre il profumo della loro cucina si sparge per i cortili. a due passi, altre cucine, dalle più alte con tre stelle michelin alle semplici trattorie lavorano, incessantemente. il sushi è a due passi, come il kebab, la pizza e i tortelli estensi. cucina, suoni, persone. che riconosco, saluto, e rispetto. non so, forse vivo in un’isola incantata. ma la gente è gente, e i loro colori, odori, sorrisi riempiono la mia vita, faticosa come quelle di tutti. in questo centro storico così caldo d’estate, così vivo tutto l’anno.

morisultima modifica: 2009-09-18T00:06:00+02:00da weller60
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9 pensieri su “moris

  1. Ce li ho, ce li ho, ma al confronto sono inoffensivi!

    Un po’ di sun in effetti lo gradirei. Mi stanno spuntando radici biancastre stile tubero in cantina. :-))

  2. Ma che ritratto bello! e mi sento un po’ parte di quello che descrivo dato che alcune cose le ho proprio riconosciute. Vedi la comunità dei Filippini che è sempre su quelle panche di legno accanto alle bici.
    Bello rileggerti così 😉
    embrace
    Daniel

  3. una pacifica convivenza, la condivisione, la tolleranza, io non credo dipendano solo dall’uomo e dalla sua coscienza. dipendono anche dalle strade e dai muri di una città. in alcuni posti che attraverso con le gambe e con gli occhi e con le orecchie ci trovo le stesse facce rassegnate ma arrabbiate che ho riconosciuto in molti immigrati, o forse accade il contrario. serve l’uomo, e servono le condizioni. per quella che è la mia esperienza da queste parti, posso dire che è vero che si è sempre al sud di qualcosa, e al sud di Napoli si è aggiunto altro sud, in un circolo vizioso che vede la gente accapigliarsi -ancora e per sempre- per uno spazio che è ridotto, che è stretto, e che per questo è sporco e disumano. non c’erano condizioni per il vecchio sud di Napoli, figuriamoci per quello nuovo. e il dare la colpa agli ultimi arrivati non è una novità. ecco in questi casi qui, ma solo in questi casi qui, comprendo perché si fa presto ad additare i “diversi da noi” come il seme del male, e comprendo perché a farlo sono quelli che vengono appena prima di loro nella scala degli emarginati o dei “dt”(i diversamente trattati, o i diversamente tollerati). più delle culture, più delle tradizioni e delle religioni, più di tutto è lo spazio, sono i confini, la prima causa di dissidi tra le persone. fortunatamente gli esempi positivi e costruttivi esistono anche a Napoli, così come nella tua, dove nella quotidianità dei posti che più frequenti sei parte di un microcosmo in perfetta armonia. cioa w., e che l’inquietudine ti dia buoni frutti.

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