A case of you

Cammino sui coriandoli, di sera, alla fine di una giornata molto faticosa, con la cravatta slacciata. Occhioni blu e il cous cous della signora che mi aiuta in casa mi aspettano. E penso alla storia di oggi. Negli ultimi due giorni, ho fatto esami per conferire il titolo di dottore di ricerca a undici giovani scienziati. Eravamo in tre, ad esaminarli, due mega prof. ed il sottoscritto, che faceva da segretario, cioè, in pratica scriveva i verbali. Siamo stati lì, ad ascoltarli, dopo avere letto le loro dissertazioni su argomenti vari. Seduto sulla mia sedia, guardavo questi ragazzi vestiti più o meno bene esporre i loro risultati mirabolanti. E sono mirabolanti per davvero. Poi l’occhio mi è caduta su una dissertazione. Ci capivo poco dell’argomento, la tesi descrive come funzionano certe membrane cellulari, e cerca di ricostruire il meccanismo di passaggio di ioni attraverso queste membrane, mediante delle simulazioni (cioè calcoli) al computer. Una roba complicata di cui so pochissimo. Ma ecco, ecco ciò che mi ha colpito: all’inizio di ogni capitolo, erano scritti i versi di alcune canzoni, e tra gli altri ho riconosciuto subito questi:

Oh tu sei nel mio sangue come vino santo
Sai di amaro e di dolce
Oh potrei bere una cassa di te mio caro
E starei ancora in piedi
E starei ancora in piedi

Oh you’re in my blood like holy wine
You taste so bitter and so sweet
Oh I could drink a case of you darling
And I would still be on my feet
Oh I would still be on my feet

Altra canzone bastarda, di Joni Mitchell. Il dottorando parlava delle sue membrane cellulari, e io, dietro la mia cravatta, sotto la mia faccia seria, seduto accanto ai miei sapientissimi colleghi, sono volato su, su per l’aula, e sono andato via con quell’oggetto che mi sta sulle spalle, e che tendo ad usare troppo, o troppo poco. Comprai “Blue” di Joni Mitchell, il disco dal quale è tratta questa canzone, quando avevo 16 anni. Mi sa che ci ho anche baciato la mia prima ragazza con quella musica in testa.

Maledizione, ma perché sono fatto così. Perché ho questa memoria, perché non butto via tutta questa roba che ho ancora dentro, mi sono chiesto. E poi ho capito che quel ragazzo, con le sue membrane cellulari, sente come me. E alla cerimonia finale, rivestito con la toga ed il tocco, gli ho stretto la mano un po’ più forte per le congratulazioni di rito, e l’ho guardato nei suoi occhi timidi, incorniciati da occhiali spessi. Mi hai ripetuto la solita lezione, amico, che tendiamo a dimenticare troppo spesso. Al di là dei nanotransistor, al di là delle membrane cellulari e delle altre meraviglie, al di là delle nostre intenzioni e delle nostre azioni, mi hai detto chiaro e forte che bisogna bere il vino degli altri, dolce o amaro che sia, per usare la testa, e per potere andare avanti, e capire come funziona il mondo e la natura . Quel vino ha una denominazione. Ve la scrivo in inglese, perchè così mi piace di più: LOVE.

A case of youultima modifica: 2007-02-20T21:55:00+01:00da weller60
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18 pensieri su “A case of you

  1. Ahhh! Tu insegni, e ribadisco, insegni a Modena???? Io studio, e ribadisco studio (stasera sono un filo rincoglionita, mi viene da ribadire…) a Modena! Dobbiamo, e ribadisco dobbiamo beccarci per un caffè (potrei ribadire caffè ma mi sembrerebbe banale). Offro io.

  2. Mi piace l’incoerenza, grazie d’essere tornato a postare.
    Quella dell’universo che può tornare a contrarsi la sapevo anch’io, ma sono un divulgatore storico letterario, mica scientifico.

  3. Grazie di non lasciarmi solo in questo blog di lupi, in questo mondo di lupi, io poi per la mia avvenenza sono concupito peggio di cappuccetto rosso e come Atteone potrei finire sbranato dal fato, più che dalle cagne…

  4. Ti leggo spessissimo sul blog di Akamota, e ci ho trovato un commento che mi ha portato dritta qui: quello sul “giro”… Per quanto si possa ripercorrere all’infinito lo stesso tragitto e tornare sempre al punto dipartenza, e ugualmente in ogni punto, non sarà mai più la stessa cosa: il circolo ermeneutico s’è compiuto e ciò che appare piatto è una spirale, perché il tempo ha comandato… Per rimanere invece su questo bel post…La memoria è una brutta bestia, ne so molto in proposito…Ma ricorda che il tempo è passato e anche rivivere Joni Mitchell non sarà come viverlo due volte! Un salutone.Maluma .

  5. Allora: grazie per essere passato e aver letto il mio blog… Adoro Audrey, è per me la quintessenza della femminilità!Rig uardo all’espansione dell’universo. . Io di scienza purtroppo poco so, ma ogni tanto il mio fidanzato mi parla di entropia e simili cose che mi affascinano, anche, alla fine, riesco a coglierne sempre e solo il lato filosofico 😀 Per rispondere invece alla tua domanda sull’Amore Informe… Non lo so se sia la forma migliore né quella autentica… So solo che quello che più ci coinvolge nella vita è ciò che non ha un corrispondente linguistico… Tante volte mi sono chiesta se la parola tolga la magia del sentimento, essendo espressione di razionalità… Non mi sono mai risposta… Grazie per i complimenti 😉

  6. Non credo sia tanto il gesto del bere, quanto l’accettare la compagnia degli altri prendendoli per quello che sono, rilassandosi svestendo gli abiti ingessati di quelli che devono fare bella figura.
    Domani sarà ancora un po’ così, ma che pretendi: è iniziata la quaresima.

  7. Aprire il cuore fa molto male alla mente e fa anche vivere passato e ricordi in modo diverso proiettandoli nel futuro prossimo venturo, quasi nel presente. Comunicare col cuore fa gustare quel vino che entra nelle viscere fino in fondo. La battaglia più devastante è sempre dentro di noi tra cuore e mente….
    Un saluto e luce a te.

    Ultimo
    P.S. Grande Joni…

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