Giada e le pozze magiche

Giada era una bambina di 9 anni vivace, allegra e curiosa. Aveva due trecce bionde molto lunghe e tante, tantissime lentiggini. Col suo visetto faceva strane smorfie che facevano ridere tutti i suoi amichetti. Le piaceva giocare a nascondino, con i suoi pupazzi di pelouche e a calcio, con i maschi, nel cortile del suo palazzo. Andava abbastanza bene a scuola, ma si distraeva spesso e le maestre la rimproveravano. Le piaceva inventare storie fantastiche con animali di tutti i tipi: leoni, foche, pinguini, squali, api e pappagalli, le scriveva su un quaderno rosso da cui non si separava mai, e faceva dei disegni bellissimi. Abitava con la sua mamma ed il suo papà in un grande palazzo, pieno di gente. Ogni volta che usciva di casa per sbrigare una commissione incontrava sempre qualche suo vicino: si fermava a chiacchierare con la signora anziana del piano di sopra, con il portiere alto e magrissimo, con la bambina immigrata dalla Tunisia qualche anno prima, e così via. Insomma, alla fine tornava a casa sempre in ritardo. La sua mamma la sgridava solo lo stretto necessario, poi guardava il suo viso tutto rosso, sorrideva e le dava una carezza sul volto. Che c’era di male, in fondo, se la sua Giada socializzava un po’? Un sorriso che dai e una chiacchiera che fai è come un investimento in banca, diceva sempre, prima o poi ritornerà con qualcosa in più.
Un pomeriggio d’estate, dopo che la scuola era finita, Giada era a casa, da sola, e si annoiava. Quasi tutti i suoi amici erano andati in vacanza, ed il palazzo si era svuotato. Anche l’amichetta tunisina era tornata al suo paese, mentre lei doveva aspettare ancora due settimane prima di andare al mare, perchè il papà e la mamma dovevano lavorare. “Quasi quasi mi faccio un giro”, pensò. Chiese il permesso alla mamma, che glielo accordò non senza averle fatto le solite raccomandazioni, scese in cantina e prese la bici, portando il suo zainetto con dentro una merendina, un succo di frutta, il quaderno rosso ed i colori. Uscì di gran carriera dal cortile del palazzo e si diresse verso la periferia della sua piccola città, dove si trovavano grandi parchi e delle bellissime ville, alcune molto antiche. Quel pomeriggio decise di fare una strada un po’ diversa dal solito, per vedere una zona che ancora non aveva esplorato. Le trecce le volavano dietro, mentre lei pedalava forte, sbuffando a più non posso. Capitò in una strada con degli alberi altissimi, molto vecchi. In fondo vide il muro di cinta di una grande villa, seminascosta dalla vegetazione. Arrivò al cancello, enorme e di ferro battuto, e si avvicinò per vedere l’edificio. La casa sembrava disabitata da molti anni, gli intonaci erano vecchi e scrostati, ed il cancello era tutto arrugginito. Le erbacce incolte erano alte, ma il vialetto di ghiaia che portava dal cancello alla costruzione sembrava ben curato. Giada smontò dalla bici e l’appoggiò al muro di cinta, fatto di pietra scura, e si avvicinò al cancello. Proprio accanto c’era la cassetta della posta dorata, che era lucida e pulita. “Che strano, tutto questo abbandono e la cassetta sembra nuova”, pensò. Toccò lo sportello della cassetta, che si aprì da solo verso l’esterno. Dentro c’era una grossa chiave, ed un bigliettino. La bambina, sempre più incuriosita, prese il bigliettino, dove c’era scritto “CHIAVE DI GIADA” in stampatello. “Una chiave per me? Come è possibile? A cosa servirà? Ma certo, ad aprire il cancello!”
La curiosità di Giada era così forte, che prese la chiave, e con essa aprì il cancello senza nessuno sforzo, perchè i meccanismi della serratura ed i cardini erano ben oliati. Giada percorse lentamente il vialetto di ghiaia, un po’ impaurita. Sapeva che entrare in casa d’altri non era una buona cosa, ma d’altra parte la chiave aveva il bigliettino con scritto sopra il suo nome, come se qualcuno le avesse fatto un regalo. Incominciò a girare intorno alla casa, dentro sembrava non esserci nessuno. Quando arrivò sul retro, vide un sentiero che si dirigeva verso una parte del parco dove il bosco era più fitto. Adesso Giada aveva un po’ di paura e di emozione, ma le vinse e proseguì. Il sentiero era sempre ben delimitato, e si vedeva chiaramente. “Ho 9 anni, sono grande!”, pensò, e camminò ancora più speditamente. Uno scoiattolo si arrampicava su un albero, non ne aveva mai visto uno vero, e tutta contenta di questa scoperta si addentrò nel boschetto. Qualche uccellino cantava, era ancora giorno e ci si vedeva bene. Dopo un po’, il sentiero la portò in una radura molto grande. E lì vide che si trovavano tantissime piccole pozze d’acqua, tutte uguali, di forma perfettamente circolare, con dei sassi tutt’intorno. “Che bello!” esclamò Giada, e si avvicinò alla pozza più vicina. Si chinò verso la superficie dell’acqua, che era scura. Poi, piano piano, vide apparire il volto di una bambina, ma non era il suo riflesso, la bambina era bruna, con i capelli a caschetto, le sorrise e le fece con voce squillante:
“Ciao! Mi chiamo Emma, vuoi sentire le mie storie?”
Giada era sorpresa, ma non aveva paura, anzi era molto divertita, la bambina era una gran chiacchierona, ed incominciò a parlarle del suo gatto che si chiamava Pinuccio, dei suoi genitori e dei suoi amichetti. Giada rideva, e commentava ogni tanto. Poi Emma smise di parlare e le chiese:
“E tu, che hai da raccontarmi?”
Giada prese il suo quaderno rosso, e le raccontò una delle sue storie, dove un leone imparava a nuotare da una foca. Emma sorrise e esclamò:
“Che bello! Adesso però devo scappare, mia mamma mi sta chiamando. Se vieni domani, possiamo raccontarci qualche altra storia… Ciao Giada!”
L’immagine di Emma sparì, e l’acqua tornò scura. Giada era contentissima, Emma era molto simpatica. Mentre vagava nella radura, sentì una musica che proveniva da un’altra pozza. Si avvicinò e vide il volto di un ragazzo che suonava il flauto, e la musica era così dolce che a Giada veniva quasi da piangere per la commozione. Il ragazzo si fermò, la guardò e le sorrise. Giada lo salutò, ma lui non si curò di risponderle, e riprese a suonare. Lei alzò le spalle e passò alla pozza vicina. Dentro vide l’immagine di una donna che parlava al telefono, sembrava litigare con qualcuno. La ragazza chiuse la comunicazione bruscamente, e si mise a piangere. Giada rimase lì, un po’ perplessa, finché la ragazza non si accorse di lei, le rivolse un sorriso dolcissimo, con le lacrime agli occhi:
“Ciao, ti chiami Giada, vero? Ho sentito la tua storia mentre eri da Emma, era bellissima. Mi fai vedere i tuoi disegni? Io mi chiamo Matilde, oggi sono molto triste, ma domani ti mostro qualche mio dipinto…”
Giada prese il suo quaderno e le mostrò il disegno di un’ape che giocava a calcio con una farfalla. Matilde sorrise di nuovo, annuì e svanì nell’acqua scura. Giada passò ad un’altra pozza, da dove provenivano delle risate. Vide un bambino che stava facendo delle smorfie divertentissime, raccontava delle barzellette, e poi rideva, rideva tanto. Anche dalle pozze vicine si sentivano delle risate. Giada gli mostrò il buffo disegno di un tricheco che mangiava pollo al ristorante, e il bambino fece una risata fragorosa:
“Oh com’è divertente!” esclamò, “Torni domani, Giada? Io mi chiamo Carlo.”
Giada era entusiasta di questo posto magico, e di tutta quella gente nelle pozze che la faceva divertire, e con la quale poteva parlare, come se fossero suoi amici. Ad un certo punto si rese conto che si stava facendo buio, era tardi. “Mamma mia, devo tornare a casa subito,” pensò,” e questo posto bellissimo è un mio segreto, non dirò a nessuno che ci sono venuta. E’ così bello stare qui, domani ci tornerò.”
E così fu. Giada tornò ogni pomeriggio a chiacchierare con i suoi amici nelle pozze, a sentire e raccontare storie, a vedere e mostrare disegni, a ridere e scherzare con Carlo ed Emma, i suoi amici preferiti. Un pomeriggio, andò alla pozza di Matilde, che aveva promesso di mostrarle uno dei suoi splendidi quadri, ma l’acqua rimase scura per un po’. Poi comparve un cartello con su scritto: “Matilde è andata via.” Giada provò dispiacere, e passò vicino alla pozza dove il ragazzo suonava il flauto. Nessuna musica, solo delle voci che litigavano. Il ragazzo urlava verso qualcuno,e quello che diceva non era per niente piacevole a sentirsi. “Mamma mia, come è arrabbiato”, pensò, “tornerò domani”. Andò alla pozza di Carlo, che le fece vedere un gioco di prestigio con le carte, Giada applaudì e le raccontò del pinguino che era andato in Africa su di un iceberg. Carlo le disse:
“Brava! Adesso però devo fare vedere un nuovo gioco di prestigio ad una mia amica, è un regalo solo per lei, quindi per piacere vai via e torna domani.”
Giada si arrabbiò un po’, ma alzò le spalle ed andò da Emma, che le raccontò di Pinuccio, poi si fece tardi ed andò a casa.
Il pomeriggio dopo, anche Carlo sparì dalla sua pozza. Al suo posto, c’era un ragazzo con i capelli lunghi che suonava la chitarra elettrica. A Giada dispiacque molto, Carlo era diventato un suo amico. Nonostante il ragazzo suonasse benissimo, Giada scoppiò a piangere, e tornò a casa, senza fare il solito giro dei saluti a tutti i suoi amici. E così, nei pomeriggi successivi, Giada scoprì che le persone dentro le pozze sparivano, magari riapparivano da un’altra parte, ma era difficile seguirle. Con un bambino di nome Marco una volta litigò, era suo amico ma era geloso di Emma, e ci rimase malissimo. Insomma, in quel posto non si divertiva più tanto, le persone a cui si affezionava cambiavano pozza, sparivano, litigavano fra loro e con lei. Un pomeriggio, poco prima di partire per le vacanze, si sentì così spersa e spaesata che si sedette per terra, singhiozzando, con il suo quaderno rosso stretto fra le mani. Si accorse di una pozza che non aveva mai visitato, si avvicinò e vide l’immagine di una giovane donna, che le disse sorridendo:
“Ciao Giada, sono la maga Bri, ho sentito le tue storie, sono molto belle. Perché piangi?”
“Non mi trovo più tanto bene qui, all’inizio mi divertivo tanto, ma adesso Carlo non c’è più, con alcuni amichetti ho litigato, ed altri sono spariti…”
“Amichetti? Eh, sì, qui se ne fanno tanti, ma non è proprio lo stesso che a scuola, vero? E’ più bello, ma può anche essere più brutto. La gente va e viene, cambia nome, cambia pozza, interrompe le amicizie e ne fa altre. Ma ricorda, sono solo pozze. Dietro c’è gente vera, in altri giardini magici come questo, ma ci si può vedere solo attraverso le pozze. E’ bello, ma non è proprio la stessa cosa che vederli direttamente. E’ una magia, non è come andare a scuola, o stare in cortile a giocare con altri bambini. Le magie sono una cosa diversa dalla realtà, e qui le persone spesso si comportano diversamente che nella realtà, forse perché si sentono più libere. Anche tu lo fai. Racconti le tue storie, fai vedere i tuoi disegni. Ma il resto? Il resto della tua vita? Non te la prendere troppo, è solo una bella magia, niente di più. Hai trovato la tua pozza, Giada?”
“La mia pozza?”
“Sì, la tua pozza. Cercala, e ti dirà qualcosa di importante. Vai, cara. Ciao! ”
Giada incominciò a cercare, ma non sapeva bene dove. Girò silenziosamente, poi vide una pozza con una targhetta, ed accanto un fiore. Sulla targhetta c’era scritto il suo nome.
L’acqua era limpida e rifletteva il suo volto, con le lentiggini e le trecce. Era proprio lei. La Giada nella pozza fece una smorfia e disse:
“Brava! Sei arrivata finalmente. Passa di qua più spesso, per ricordarti chi sei, chi sono i tuoi genitori, gli amici del cortile ed i compagni di scuola. Vedrai che non sarai più così triste come oggi. Prendi il fiore e piantalo in un vaso sul terrazzo. E’ un regalo di tutti noi, dietro le pozze. Quelli che ci sono e quelli che non ci sono più. Così che tu possa ricordarli anche a casa.”
E Giada così fece. Il giorno dopo partì per le vacanze, e portò con sé il vaso dove aveva piantato il fiore. Al ritorno dalle vacanze, ritornò nel giardino magico, a visitare i suoi amici, ricordando sempre di passare prima per la sua pozza.

You, I thought I knew you.
You I cannot judge.
You, I thought you knew me,
this one laughing quietly underneath my breath.

Questa ed altre favole le potrete trovare qui . Love, w.

Giada e le pozze magicheultima modifica: 2006-08-24T18:30:00+02:00da weller60
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10 pensieri su “Giada e le pozze magiche

  1. Ciao Doc. Grazie del passaggio e della tua gentilezza. Tornerò? Credo di si :-), ho solo bisogno di tempo…ma intanto non smetto di leggere, qui e là…ci sono blog a cui resto affezionata e questo vale anche per il tuo. La storia di Giada è di una levità disarmante. Farò come lei, cercherò la mia pozza e quando finalmente ci avrò trovato dentro il mio sorriso, capirò che sarà giunto il momento di tornare e allora verrò a cercarti e canteremo :-)))). Ti sono ricresciuti i capelli? Ehehehehe…a presto. Un abbraccio. Yoko

  2. mi spiace molto che il tuo umore al momento non sia dei migliori. se ti va di parlarne in pv fammi un fischio ed io modero, al limite ti do il mio contatto messanger…. beso cleo

  3. ciao w 🙂 che bello essere tornato tra le nanoparticelle! quei bosoni scapestrati e quei fermioni disgraziati mi mancavano proprio! ciao matu 🙂

  4. Ho letto: e mi ha suscitato ricordi di alice nel paese delle meraviglie, cose perse per strada crescendo, ma mai dimenticate, storie dove tutto è possibile e trasformabile in mille modi e non come da adulti, dove c’è solo un modo di vedere le cose, ricorda anche il piccolo principe di s.exupery trovi il link del post nell’archivio posts a destra “antoine s.exupery” sarà interessante sapere cosa risponderesti se vuoi…cmq paul non pensavo avessi un animo così fantastico e da peter pan per far capire dato che mi hai detto che sei matematico tanto so già a quest’ora c’è la partita mi leggerai dopo sweet night :-)smack

  5. Ho cominciato a leggere la storia perché la protagonista si chiama come me… mi è piaciuta proprio tanto!! Mi ha fatto sognare un poco.
    Un saluto, Giada

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