5 sport: judo

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sai, mae’,
riesco ancora a fare la verticale. non la tengo, ma salgo coi piedi in aria e le gambe dritte. le ruote e le cadute in avanti non sono un problema. la cinta mi sta stretta, ma “er kinolo” (che qui chiamano correttamente judoji) è sempre largo. e quando la maestra, sguardo duro e presa tosta, mi mostra le tecniche e mi dice i nomi, è come un lungo tunnel illuminato, che mi riporta allo scantinato di tormarancio, con gli ideogrammi giapponesi e le vignette in romanesco. in ginocchio, ci si inchina e si fa il rei, alla fine della lezione si applaude, come sempre e in ogni scantinato, nell’odore dei corpi stanchi. ti asciugavi il sudore in faccia con la mano aperta, e ogni suggerimento, ogni presa, ogni movimento circolare con piedi, mani, bacino e anima (se c’è) mi è entrata sottopelle. le tue perle sono lì, brillano nei miei neuroni. muovermi sul tatami, con te accanto, in un’altra dimensione, è così facile. è sospetto. non ho ripreso a combattere, chissà se lo farò. niente più palazzetto nervi, ma se prenderò la nera (ed è ancora possibile) la bacerò, e la mostrerò in alto. mi sono tatuato il judo addosso, più del sole che mi hanno scritto la scorsa estate. risplende, nel viso di jigoro kano, il sole d’inverno sul ramo di abete che si piega, e fa scivolare la neve a terra. come dicevate tu e lui.
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Potevo sentire allora
Che non vi era modo di sapere
Foglie cadute nella notte
Chi può dire dove volano
Libere come il vento
E imparando, si spera,
Perché la marea
Non ha nessun modo di tornare indietro
Più di questo – non vi è niente
Più di questo – dimmi una cosa
Più di questo – non vi è niente
E’ stato divertente, per un po’
Non vi era modo di sapere
Come il sogno nella notte
Chi può dire dove andiamo
Non importa al mondo
Forse sto imparando
Perché la marea
Non ha nessun modo di tornare indietro
Più di questo – non vi è niente
Più di questo – dimmi una cosa
Più di questo – non vi è niente