quattro

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quattro anni fa incominciai a scrivere sul blog. l’immagine non è certo per celebrare questo anniversario, che non interessa a nessuno, nemmeno a me. eppure mi sento di scrivere qualcosa, mi sforzo, e mi interrogo, come quando la spinta della noia  mi fece digitare due righe, allora, in un laboratorio pieno di rumori elettronici e meccanici.
 
di tutto il disastro di mumbai, di questo episodio fuori dal mondo cerebrale che mi costruisco continuamente, mi hanno colpito gli uccelli (corvi?) che volano intorno alle fiamme dell’hotel. come se fosse una natura,  un universo ferino, predatore senza colpa, senza rispetto e al tempo stesso sanguinosamente innocente. indifferente alle storie singole di morti e violenze irragionevoli che passano come treni orrorifici nella notte buia e silenziosa. c’è la luce, la fiamma della ragione in tutto ciò? è la torcia portata dal padre dello sceriffo, nel sogno finale di non è un paese per vecchi. credo sia così. i fiori durano poco. il loro profumo rimane nelle  nostre narici, e per un bizzarro processo chimico si trasforma in memoria. che ci fa sopravvivere nel treno, se possiamo, o mentre lo guardiamo sferragliare dalla banchina della stazione solitaria di frontiera, durante l’attesa che è la nostra vita.