Diffraction

 

 

La diffrazione è un fenomeno tipico delle onde. La luce, visibile e non, è costituita da onde di radiazione elettromagnetica. Un’onda diffrange quando incontra un ostacolo sul suo cammino. Prendete la luce che filtra attraverso una persiana. Osservate il gioco di ombre e luci, che so, su un pavimento. Parte illuminata, parte scura, dovuta  all’ombra della persiana. Guardate bene. Il confine non è così netto, vero? SI osserva sempre una zona di mezzo, un grigio diffuso. E’ dovuto alla diffrazione. Le onde si insinuano, diffrangono. Negli  ultimi tempi, sto (ri)studiando le applicazioni della diffrazione per onde dovute ai raggi X. La diffrazione dai raggi X permette lo studio e la determinazione di molecole ed atomi nei cristalli. Gran parte della struttura delle molecole, anche quelle complesse, come il DNA, ad esempio, è stata determinata attraverso il fenomeno della diffrazione dei raggi X. Con molta precisione. La struttura è fatta così, gli atomi disposti in questa maniera e così via. Personalmente, sto cercando di capire come si dispongono gli atomi di una particolare specie sulle superfici dei cristalli. E sto analizzando i dati che provengono da esperimenti di diffrazione dei raggi X. Dunque: Le onde eludono, aggirano gli ostacoli, creano zone “grigie”, indeterminate. Noi le guardiamo, le studiamo e determiniamo con grande accuratezza la posizione di oggetti piccolissimi. Dalle sfumature, chiamiamole così, alla misura  di precisione. Sembra un paradosso, ma avviene in questo modo. Nella vita è tutto il contrario. Le sfumature non portano a niente, o meglio, solo suggestioni ed emozioni. Parole sfumate, indeterminazione nelle posizioni. Niente è netto, se non si vuole che lo sia. Bellissimo, il discorso “sfumato”. Ma ti lascia sempre l’incertezza. E non sai mai, alla fine, che razza di interpretazione dare. A me affascina lo stesso. Però, vuoi mettere con un bel numero. Questa cosa è fatta così e non cosà. Il tale oggetto si trova lì, non da un’altra parte. C’è sempre un margine di errore, ma puoi ridurlo, o sperare di ridurlo.  Dove porta questo discorso? Forse da nessuna parte. Mi piace la suggestione, la sfumatura, l’evocatività. Ma è meraviglioso che un fenomeno così sottile, “sfumato”, come la diffrazione delle onde porti ad una certezza, fino a prova contraria. E che noi siamo in grado di interpretarlo. 

 

Aggiunta: l’italiano di questo post non è granché. L’ho sistemato un po’. E per essere evocativi, ci metto:

David Bowie, Life on  Mars

 

 

 

 

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Ineludibile
Indelebile
Inevitabile
Indispensabile
Indisponibile
Inessenziale?
Inamovibile
Intollerabile
Inaccettabile?
Pain and joy
At the same time.
Kiss

 

 

 

David Bowie: The man who sold the world
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Beautiful day

Mi piace, questo video. Mi fa pensare ai vari aeroporti in cui ho stazionato. Bruxelles, in particolare, ed i suoi cioccolatini, che adoravo e compravo sempre per portarli nelle due case, qui e Liverpool. E dividerli, con gli altri. Dividiamo un po’ di Neuhaus, ne vuoi? Sorrido, mentre apro la scatola, e te ne porgo uno.  E poi, oggi è veramente bellissimo. Ho sentito gli U2 anche prima, quindi, perché no? Pure Joy. Under a cruel and gentle sun. Cammino.

 

 

 

 

 

Ciao Bill

 

Ciao Bill. Ho scritto di te e di Scarlett un po’ di tempo fa. Beh, la scintilla scocca proprio qui, no? Quando lei fa il Karaoke su “Brass in Pocket”, dei Pretenders, in parrucca rosa. E tu le rispondi con “More than this” dei Roxie. Il cuoio lucido e morbido di Chrissie Hinde contro la  cravatta stretta di Brian Ferry. E Tokyo è tutta una pazzia, di cui non comprendete la ragione, ma che vi avviluppa in un piccolo vortice di sentimenti. Non scopate, no, tu le massaggi i piedi e le dai una carezza. E io tifo per te, Greg-Weller mette su gli striscioni e da’ fiato alle trombe, mentre il gatto gli dorme accanto, in una serata di bora nera sul Carso. Bill in fase “acquisto Porsche”, perché tu i denari ce li hai. E sei bello, terribilmente divertente. Sei americano, ma ti preferisco inglese.  Ciao Bill, ripenso a te due anni dopo. Mi scappa da ridere, mi fumo l’ultima sigaretta, tifo ancora per te-me, e ho un po’ di nostalgia dei miei occhi di due anni fa. Solo un po’. Perché tanto lo so che ritornano. E adesso di gatti ne ho due. 

Plat du jour: The Pretenders, Brass in Pocket

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Under a cruel and gentle sun

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Vorrei che i miei occhi tornassero quelli di prima. Lev, tu mi dici che forse c’è una  possibilità che questo avvenga senza fatica. Che la freccia del tempo perda l’orientazione. Che punti di nuovo all’indietro. Ma il Bingo non l’ho mai vinto. E allora, il viaggio deve continuare. E la  fatica del cammino è tanta. Ma basta incominciare. One step after the other. Slowly, painfully. Under a cruel and gentle sun. L’importante è sorridere. E sapere nuotare, per attraversare i fiumi. In termodinamica, percorrere un ciclo chiuso costa sempre fatica. Ma la fatica dà il sapore al vivere. One step after the other. Verso il mare, verso i miei occhi.

Plat du jour: Jimmy Cliff, Many Rivers To Cross
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Red wine

Birmingham, Manchester, Leeds, Sheffield, Newcastle, Liverpool. Sono lontani anni luce dalle West Indies. Dal sole della Jamaica, di cui posso solo immaginare i raggi che forse arrivano come delle frecce. Il primo CD che comperai, dopo una sterminata collezione di vinili,è una raccolta degli UB40, una band interrazziale di Birmingham, disoccupati organizzati che invece di mettersi a fare spogliarelli, come i protagonisti di Full Monty, suonavano un reggae dolce e orecchiabile. Penso ai bicchieri di Rioja di bassa qualità bevuti da Keith’s, il wine bar a due passi da casa mia, con i miei improbabili vicini, uno scozzese ed un marocchino (che certo non rispettava i dettami del Corano) mentre ammiravamo le bionde studentesse alticce che si sedevano in gruppi loquaci nei tavoli accanto al nostro. L’estate di Liverpool può essere dolce e risplendente, in alcuni periodi. Bevo il vino rosso  stasera, e brindo al mio passato, al mio presente ed al sole di domani. Con gli UB40 in sottofondo. Oggi ho preso due micetti in adozione, Red e Luna, e ne sono orgoglioso. Brindo anche a loro. Plat du Jour: Red red wine. 

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Forever

1) Oggi Greg ha rimesso il giubbotto jeans, da lui gelosamente conservato e riconquistato dopo una strenua battaglia con sua sorella, che indossava quando aveva 16 anni. Complice il suo dimagrimento. Greg è fatto così, conserva. Nel cuore e nella testa.
2) Oggi la giornata è splendida, la gente sembra avere un’aura intorno.
3) Occhioni blu era di buon umore.
4) Greg ama vedere commedie americane a lieto fine. Ad esempio, “Il matrimonio del mio migliore amico” con Rupert Everett, che in quel film è grandioso. Colonna sonora di Burt Bachrach.
6) Greg ballava le canzoni di Burt Bachrach, quand’era bambino. Gli piacevano, e gli piacciono anche adesso.
7) Greg canticchia: “Forever, forever, you’ll stay in my heart…”, e pensa che per lui  è così, ma non scrive altro.
8) Greg oscilla, su e giù, ma oggi è un su, decisamente su.
9) Greg finirà presto la storia di Sasha, l’italiano-sloveno che va in bici sul Carso , ma oggi ha voglia di scrivere cose allegre e sciocchine.
10) Il viaggio di Greg continua, e questo diventerà sempre più un audioblog. Plat du Jour: “Say a little prayer”, di Burt Bachrach (appunto) in versione reggae, cantata da Diana Krall. Deliziosa. Per i Pearljam, Patty Smith, i Cure, etc c’è sempre tempo, no?
Che il sole splenda su di voi.
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Ventiminuti 3 (revisited)

Mi è venuto in mente questo vecchio post. Per la musica e per domani. I know why.

La scorsa notte ho dormito tre ore. Capita. Il mio umore non era dei migliori stamattina. Poi il rush per accompagnare mia figlia a scuola. Sbrigati, sbrigati, sbrigati… la parola più usata da me negli ultimi tempi. In tempo, sì, in tempo, raramente facciamo tardi. Gli zainetti multicolore entrano, io mi volto e ritorno alla macchina. E i ventiminuti dalla scuola all’ufficio, sempre quelli. Ieri, oggi, domani. La radio locale che sento da quando vivo e lavoro qui mi regala questa perla. Why can’t we live together. I colori cambiano, i fiori risbocciano, il sole splende più vivo. L’organo a scatti, le percussioni, che meraviglia. Tutto assume un altro aspetto. Ed io che mi dico: adesso la metto su, non posso farne a meno. E’ quello che ho fatto. Buongiorno miei cari. Love, w

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Strada Jack Kerouac

 

 

Così si chiama un pezzo della pista ciclabile che ho percorso. Quando ho letto l’iscrizione, non ci volevo credere. Il mondo è meraviglioso. C’erano alcune sue  citazioni sbiadite su alcune targhe, qua e là, tra alberi di ciliegi, campi con le balle di fieno già formate,  casette con giardini in fiore, fabbriche alimentari, capannoni industriali. Segni della periferia che divora spazio e tempo in ogni parte del mondo, e  non risparmia niente. Automobili e camion che passavano nelle strade accanto, così vicini e lontani al tempo stesso. Sfrecciavano, piccoli astronavi di gente nelle loro orbite quotidiane.
Un sole sfolgorante, urlava la sua gioia. Il vento traverso mi rallentava, le colline che sembravano così vicine, verso le quali stavo andando, erano lontanissime, per le mie capacità ciclistiche. Qualche rezdora con la borsa della spesa, ciclisti vestiti di tutto punto che andavano nella direzione opposta. Direzione opposta alla mia, come se avessi sbagliato orario. Ma per me l’orario era perfetto. E’ così la mia  vita? Ho sbagliato orario? Controfase. Sì, forse sono in controfase. Al ritorno del mio giro, mi sono fermato su una panchina, e mi sono fermato proprio in quel tratto lì, dedicato a Jack. Mi sono seduto su una panchina, e mi sono acceso una sigaretta, in suo onore. Alla faccia del wellness. Ho letto “Sulla strada” a sedici anni, l’ho riletto a quaranta.  Non cambio mai, vero? No. Non cambio. Niente mi cambierà. Questa giornata ventosa, questo piccolo viaggio nascosto, è stato un balsamo di gioia e dolore. Non  di pace. Domani insegnerò, scriverò formule, lavorerò col computer, farò esperimenti, costruirò i miei soliti castelli. Il dolore e l’inquietudine che provo in questi tempi riprenderà. Ma questi momenti, così particolari, così intimi, mi resteranno dentro, come un sasso pesante che mi spinge giù, mi lega al mio essere vero, ammesso che esista. Tornerò sulla strada Jack Kerouac, in allegra compagnia. Ma il viaggio di Greg continua. In solitario.

The only people for me are the mad ones, the ones who are mad to live, mad to talk, mad to be saved, desirous of everything at the same time, the ones who never yawn or say a commonplace thing, but burn, burn, burn, like fabulous yellow roman candles exploding like spiders across the stars and in the middle you see the blue centerlight pop and everybody goes.“Awww!”

Il viaggio di Greg

Domani Greg non va al lavoro. Domani Greg prende la bici. Stacca il cellulare. Computer nemmeno a parlarne. Ancora non sa dove va. Tutto il  giorno via. Non lo sa nessuno, né occhioni scuri, né occhioni blu, meno che meno i colleghi. Solo Greg e voi. Spera di trovare un bell’albero sotto il quale riposarsi. Mangiare un panino, o qualcosa per strada. E Dharma è sempre parte di lui. Indelebile. Un po’ di dolore in meno, forse.  Molto sole in più.

Here comes the sun…

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Hope…(per la redazione)

Vorrei spendere alcune semplici parole per i miei amici bloggers che hanno difficoltà con la nuova piattaforma. E’ nuova, e come le cose nuove un po’ avanzate tecnologicamente bisogna un po’ abituarcisi. Però alcuni hanno SERI problemi. Non riescono nemmeno ad accedere ai loro blog. Ora, è come per certi versi non potere più rientrare a casa propria. Alcuni/e di loro hanno dei blog bellissimi, tra i più visitati della piattaforma. Notimetolose, Lareginapigra, Cleopa, tanto per citarne solo alcuni. Gente che scrive, e non riempie il proprio spazio di farfalline, cuoricini, testi di canzoni sdolcinate etc. Per carità, ognuno è libero di scrivere e fare ciò che vuole dello spazio a disposizione, ma insomma, a ME PIACE LEGGERE QUESTO TIPO DI BLOG. Un po’ di attenzione e cortesia in più nei confronti di questi/e bloggers sarebbe gradito. Mi avete dato la coccardina, tanto carina, e vi ringrazio. Forse avreste potuto impiegare il tempo speso per darmi la coccardina a risolvere i loro problemi. I know, life is hard. Ma se si continua così, la piattaforma sarà piena solo di coccardine, farfalline etc. Tanto per ripetermi. Se siete contenti così, basta che ce lo scrivete. Prenderemo atto. Ho messo su un’immagine a me molto cara, intitolata Hope. Vedete voi. Sun on you 

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Stream

 

Stream of consciousness

Life is, after all, just like that.

Giochiamo sulla spiaggia, al tramonto, purpureo come il nostro sangue che scorre, sgorga, per non dimenticare. Mai. Di essere vivi. Sorrido e scappo dietro la duna. Mi ritroverò. Ancora. E ancora. E bacerò tutti sulla fronte. Perchè tutti lo meritano, nessuno escluso.

Non dimentichiamo chi siamo, vediamo l’aria attraverso i nostri corpi, atomi in moto casuale e determinato al tempo stesso. Le senti, le risate dei bambini? 

…dedico queste sciocche righe ai miei amici bloggers. Ecco.
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Where

Cammino sotto il sole di Maggio che sembra Luglio. Ho ripreso la borsa di pelle, e lasciato lo zainetto a casa. Il braccialetto di rame no, quello sempre con me. La città lattiginosa, le macchine altere ed indifferenti. Non sono qui, no, sono nel deserto di Zabriskie point, forse, o sul pack artico.

Dolori vicini che sembrano lontani, la freccia del tempo che mi
spiegano non cambiare mai direzione, nè verso.
Forse solo colore.
Dov’è l’amore? Dov’è?
Il peso del mondo è sulle nostre spalle, ma non ce ne accorgiamo.
Solo quando vediamo con occhi chiari, con mente sgombra e vulnerabile.

Allora le mani si giungono, chiniamo la testa e la luce ci riscalda la nuca scoperta.
Dov’è l’amore? Ci sembra di saperlo. Solo in quel momento.

 

Invisible city

Voglio vedere un mare che non ho mai visto
Parlare una lingua che ancora non conosco
Vivere qualcosa che non ho ancora vissuto
Sedermi sotto un albero di cui non conosco il nome
Lavorare in un laboratorio che si deve ancora costruire
La città l’ho scelta, anche se non ci sono mai stato
La testa ad est, il cuore ad ovest
I piedi sul sud, la memoria a nord

Keep the torch aflame, plus perdu.

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Mi corazon

Grasso sulle mie mani. Di bulloni. Ci ho messo due settimane, a fare funzionare quel cazzo di strumentino. E poi è andata. E ci ho messo tre ore, a fare questo sciocco esperimento con la mia macchina. Gesso sulle dita. Sei mesi a scrivere formule alla lavagna. Due computer su cui scrivere strane storie, pixel che mi pungono il cuore. Colorati, evanescenti, ammiccanti, incantati. E poi un po’ di viaggi, qua e là. Desolazione della periferia estrema di Roma, dove senti l’odore del mare e vedi i pini marittimi accanto ai cantieri in costruzione, sotto il sole famigerato e contro il vento leggero. Pettino i capelli di occhioni blu, bacio mia cugina dai capelli corvini, neri e lucidi come non ne ho MAI visti. Non la vedo da sei anni. Que hora son mi corazon? Non ha importanza. Keep on dreaming, keep on writing. Keep on loving. Don’t stop living. Kiss Greg.

… me gustas tu….
…je suis perdu?

Stato di grazia-2

(Occhio, Alice cambia il blog dal 9 Maggio. Leggete qui)

… Jed una volta mi ha scritto “fa’ di me quello che vuoi”, ed io giro questa richiesta a tutti voi, semplicemente. Penso in particolare a quelli che conosco da più tempo, ed anche ad una persona che mi ha scritto che non voleva più avere contatti con me per un motivo che non sto qui a dire. Fa’ di me quello che vuoi, rimani sempre nel mio cuore, assieme agli altri. May the sun shine on you all, miei cari….

Ho scritto queste frasi sciocchine un po’ di mesi fa. Sorrido, mentre le rileggo. Le cambierei, oggi che lo stato di grazia non c’è più? No, non le cambierei. Adesso preparo la cena, mi fumo una sigaretta e continuo a vivere. Sono così, e non posso farci niente. Vostro Greg (un po’ Dharma)

… e lo stato di grazia tornerà….