Annihilation

Questo è l’ultimo post, prima di chiudere per un po’. Sono in ufficio, annoiato, accaldato. Esami: finiti. Esperimenti: sospesi. Lezioni: ‘a voglia, fino a gennaio non se ne parla. I miei colleghi scarseggiano, dispersi in conferenze in Giappone, Francia, Stati Uniti e chi più ne ha più ne metta. Una parte è in ferie. Studenti: beh, studiano, ma incominciano a scarseggiare, anche loro. Nel mio ufficio sono solo, devo riordinare la scrivania, ma non è il genere di lavoro in cui eccello. Andare a casa? L’idea di prendere la bici e farmi un viaggio, sia pur minimo, a 38 gradi non mi alletta. La valigia la faccio stasera, quella può sempre aspettare. E allora, così, scrivo una storiella di Fisica.

Negli anni ’20 PAM Dirac, il fisico inglese taciturno, scoprì un’equazione, di cui ho già scritto in un precedente post (26 Giugno 2006), che regola il moto delle particelle elementari. Era contento, perché era esatta ed elegante, bellissima. Poi però la guardò bene, e vide che c’era qualcosa in più, qualcosa di nuovo. Nell’equazione era previsto che esistesse la cosiddetta antimateria. Cioè, se esiste una particella come ad esempio l’elettrone (il moto degli elettroni nei corpi è all’origine dell’elettricità) ce ne deve essere un’altra, un’antiparticella, uguale ma opposta in tutto. L’esistenza dell’antimateria, cioè delle antiparticelle, è stata provata sperimentalmente. Esistono addirittura degli strumenti medici, come il PET (Tomografia ad Emissione di Positrone) che utilizzano l’antiparticella dell’elettrone, il positrone, appunto. Spero di essere stato chiaro, ma non è poi così importante. Le antiparticelle sono rare, in natura, chissà perché, ma esistono. Veniamo adesso al punto. Cosa succede se una particella ed un’antiparticella vengono a contatto? Cioè può capitare, no, nel traffico dell’Universo, o in quello artificiale dei nostri strampalati laboratori, che una particella e la sua anti si sfiorino, si incontrino. Il risultato è un fenomeno chiamato annichilazione. I due corpuscoli si attraggono irresistibilmente, fatalmente, diventano una cosa sola, e scompaiono, dando come risultato due raggi luminosi, due fiotti di luce che viaggiano in direzioni opposte. Perché materia è energia, e l’energia si conserva sempre.
E qui compio il solito salto logico, e passo a noi umani. E penso alla passione, come ad una forma complicata dello stesso fenomeno. I corpi si attraggono, irresistibilmente, si fondono, le chitarre elettriche suonano, il mondo intorno si scioglie, fiamme e ghiaccio insieme, l’estasi ed il Nirvana. Insomma, quelle cose lì. Troverete sicuramente delle descrizioni più efficaci delle mie
Ma dopo? Il dopo è il problema. Fortunatamente non c’è un’annichilazione in senso stretto (oddio, magari qualche volta sì, purtroppo) ma dopo un up c’è sempre un down. Mi piace pensare però che l’energia liberata, i fiotti di luce di cui parlavo prima, vengano emessi, continuino a viaggiare, e illuminino e scaldino la grigia vita di noi tutti, non solo dei due (?) fortunati. Senza la passione, senza l’idea stessa di passione, vivremmo in un mondo di orologi meccanici di precisione, tic tic, qualche drin, senza passato e senza futuro.In definitiva, non vivremmo affatto. Buone vacanze a tutti, che il sole splenda su di voi, miei cari. Love, w

Ah sì, il prof. si è montato la testa. Partecipa ad un concorso , pensa te, come se non ne avesse già fatti abbastanza. Click on image e, se vi va , potreste magari fare un click nel punto giusto 😉

Uova fritte (e surfing)

Sulla porta di un bagno del mio Istituto, uno studente ha scritto la seguente massima:

Secondo Principio della Termodinamica:
Le uova fritte non tornano intere.

Lo studente ha ovviamente ragione, ed ha colto esattamente il punto. La termodinamica è un campo della fisica che regola il comportamento di sistemi complicati, costituiti da un grande numero di parti, senza curarsi troppo del dettaglio di ciò che avviene ad ogni singola parte. Cose complesse come noi, insomma. Il Secondo Principio sancisce l’irreversibilità di ciò che avviene in questi sistemi. Irreversibilità vuole proprio dire che niente, a meno di compiere grandi ed inutili fatiche, anch’esse irreversibili, può ritornare com’era prima. Semplicemente, l’idea che si possa tornare indietro rimane tale, un’astrazione. Quindi le uova fritte non tornano intere. Niente, nessuna azione, una volta presa, è reversibile. Mai tornare indietro. Si può stare fermi, immobili (anche se è praticamente impossibile) ma la corrente degli eventi circostanti ci trascina, inesorabilmente. La freccia del tempo punta in una specifica direzione, e noi non possiamo che seguirla. L’unica possibilità per noi, uomini e donne è scegliere fra più azioni: destra o sinistra? Odiare o amare? Mangiare o non mangiare? Se non veniamo trascinati prima, abbiamo l’arbitrio (forse), ma una volta scelto, indietro non si torna. Mai. In un post precedente, ho scritto che non c’è niente di rotto che non si possa aggiustare. E’ vero, ma quello che otteniamo è un altro oggetto, non quello originale. L’amore, come altri sentimenti, determina azioni irreversibili. L’amore è irreversibile. L’unica cosa che possiamo fare, una volta in azione, è fare del surf sulle onde degli eventi, con la bocca aperta, pieni di euforia, e godercela. E quando l’onda finisce ne dobbiamo trovare un’altra, e surfare la vita, fino alla fine. Ma non dobbiamo dimenticare mai le onde precedenti, e quello che ci hanno dato. I nostri neuroni ci portano indietro, ci fanno rivedere ciò che è stato e che non ritornerà più. Love, w

In laboratorio

Questa foto che vedete non è presa da google, ma è il mio laboratorio. Strane macchine che, vi assicuro, messe insieme costano più di una Porsche. Una buona parte di questi strumenti sono stati acquistati con i sempre troppo scarsi fondi che ci passa lo Stato. Una piccola parte sono stati progettati da me, almeno concettualmente, diciamo così. Ed io, e pochi studenti, l’abbiamo montata pezzo per pezzo. Viti, bulloni, acciaio, pompe da vuoto, tubi dell’acqua, cavi, elettronica, tutto montato da noi. Adesso funziona, più o meno, ma c’è sempre bisogno di manutenzione, perchè questa roba è delicata, e capita che spesso sia necessario intervenire. Non vi spiego a cosa serve, non è il punto. Vi dico solo che questa è un po’ la mia seconda casa. Qui non ci sono formule, equazioni da risolvere, articoli da scrivere, conferenze, lezioni e tutto quello che uno può immaginare che un fisico universitario faccia. Noi non facciamo solo questo. C’è anche fatica fisica, e sudore. E frustrazione, quando le cose non vanno come dovrebbero, e lo strumento magari non funziona. Ci ho messo tre anni, per arrivare a questo risultato che vedete. Ma la cosa più divertente e bella di quello che faccio, è che spesso per fare funzionare questa roba c’è bisogno di costruire oggettini con lamierini metallici, piccole viti, materiale che costa pochissimo. E spesso me li costruisco io, con le mie mani e con la mia scarsa perizia, per necessità e anche per mio diletto. Ieri ho costruito una piccola cosa con del rame, mi sono messo lì sul tavolo e l’ho fatta. Gli studenti stavano nella stanza accanto a studiare, ed io ero solo, immerso nel rumore di fondo della strumentazione, nel fresco dell’aria condizionata. Ed ero contento, mi ricordavo del mio professore che mi diceva: “Adesso se mettemo qui, come du’ bei ciabbattini”, si inforcava gli occhiali e produceva delle piccole cose straordinarie. Dovrei pensare più spesso a quanto sono fortunato, a fare un lavoro creativo e che mi dà soddisfazione. Il pezzo che ho fabbricato sembra funzionare, oggi c’è da smontare un’altra cosa, da insegnare ad un ragazzo un po’ di trucchi, e da discutere con i miei colleghi su come procedere con l’esperimento, usando l’ironia ed il buon senso. Qui, la mia vita spesso è meravigliosa. Love w

Light Fandango

Quando ero bambino, la musica suonata con i grandi organi a canne nelle chiese mi emozionava tantissimo. Mi ricordo almeno un caso in cui ho costretto mia madre ad accompagnarmi all’uscita, perche’ mi veniva da piangere. Non so il motivo, ma mi ricordo questa sensazione cosi’ intensa che mi faceva sentire in una specie di spirale che girava, difficile a descrivere. In quegli anni (il 67, per la precisione) usciva una delle piu’ belle canzoni rock melodico di tutti i tempi (a mio modesto parere), si chiamava “A whiter shade of pale”, dei Procol Harum. L’ho sentita da bambino, probabilmente nella versione originale, sicuramente nella versione cover con i testi tradotti in italiano e suonata da uno di quei complessi che meritoriamente traducevano il beat, doveva essere l’Equipe 84 o i Camaleonti, non mi ricordo, ma ho questa memoria di un varieta’ in bianco e nero dove la cantavano, mi ricordo anche i versi iniziali “Han spento gia’ le luci….” . Sicuramente l’hanno ascoltata tutti, almeno una volta. Apre la canzone un’introduzione con un organo Hammond, la musica e’ ispirata a quella di J.S. Bach, anche se non e’ un estratto particolare, sembra scendere dal paradiso, e mi fa sentire un po’ proprio la stessa sensazione di quando ascoltavo l’organo in chiesa. Poi la voce (molto soul) del cantante apre maestosamente con questi versi:

We skipped the light fandango
turned cartwheels ‘cross the floor
I was feeling kinda seasick
but the crowd called out for more
The room was humming harder
as the ceiling flew away
When we called out for another drink
the waiter brought a tray

ed e’ una tensione continua, quasi un duello tra la voce e l’organo, che fa continuamente capolino, poi domina, poi ritorna in sottofondo, poi fa un assolo e cosi’ via. Semplicemente meraviglioso. Di questa canzone si e’ parlato e scritto molto. Se mi ricordo bene, Paul McCartney la cita una sua autobiografia, dice di averla sentita per la prima volta in un locale con qualcun altro (non vorrei sbagliarmi, ma doveva essere qualcuno degli Stones) e di averla commentata come un colpo di genio. Nel film “The commitments” due protagonisti discutono sul significato del testo, mentre uno dei due la suona con l’organo di una chiesa. Gia’, le parole. Il significato non e’ ben chiaro nemmeno a chi l’ha scritto. Io penso che in questo caso siano come delle macchie di colore che impreziosiscono questo splendido dipinto sonoro. L’ho risentita recentemente, e mi sono detto che sicuramente deve essere meraviglioso innamorarsi con questa canzone. Spero riusciate a sentirla mentre leggete questo post. Love w
(giugno 2005)